Maicol Cortesi

@maicolcortesi, membro dal 15 Agosto 2024

La mia curiosità non ha limiti. Leggo notizie, storie e idee di persone che cambiano il mondo.

Questa frasi in attesa di revisione.

“Mai è solo un’eco assoluta, delimitata dal tempo presente… anche se vuole sembrare infinita.”

Piccola curiosità

Ma la parola eco non è maschile? D’altra parte finisce con la o!

È un dubbio comprensibile! In effetti, anche se la parola eco termina con la lettera “o”, è grammaticalmente femminile.

In italiano esistono alcune parole che fanno eccezione rispetto alla regola “terminazione in -o = maschile”, e eco è una di queste.

Infatti si dice:

• un’eco forte (e non un eco forte)
• questa eco (non questo eco)
• l’eco assordante è svanita (non svanito)

La parola deriva direttamente dal latino echo, che a sua volta viene dal greco antico ἠχώ (ēkhṓ), nome femminile che indicava la ninfa della mitologia greca, personificazione del suono riflesso.

Quindi sì, eco è femminile… anche se, ingannevolmente, finisce con la “o”!

Questa frasi in attesa di revisione.
Questa frasi in attesa di revisione.

“Radici nella Terra, sogni tra le stelle

L’umanità si proclama libera, ma la sua condizione è tutt’altro che tale. Non ci muoviamo nella spontaneità della natura, non siamo guidati da un istinto puro, né ci abbandoniamo al flusso del nostro essere come le altre specie del pianeta. Siamo invece avvinti da catene invisibili: dinamiche sociali, convenzioni culturali, ruoli preconfezionati che ci modellano e, spesso, ci opprimono. Ogni espressione autentica del nostro io viene filtrata, giudicata, incasellata in schemi che non ci appartengono.

Questo pensiero è germogliato osservando le piante, creature silenziose e antiche, custodi di un DNA straordinariamente complesso e di una diversità che eclissa quella del regno animale. Le piante non si ribellano, non si conformano, non indossano maschere: esistono, semplicemente. Si adattano, si evolvono, si espandono in forme e colori infiniti, senza mai interrogarsi sulla loro essenza. Una quercia non si chiede se può essere se stessa; un fiore non dubita del suo diritto di sbocciare. In questa semplicità risiede la loro libertà più autentica, un atto di vita che è insieme umile e maestoso.

Noi, al contrario, ci dibattiamo in una rete di obblighi e aspettative. La nostra diversità, così ricca nel potenziale, si riduce spesso a categorie rigide: uomo e donna, giusto e sbagliato, noi e loro. La dualità sacra e generativa che potrebbe unirci viene trasformata in distanza, conflitto, limite. Eppure, la diversità è una ricchezza da custodire, un patrimonio che ci rende unici e ci spinge a evolverci. Proteggerla non significa solo tollerarla, ma celebrarla come la linfa che nutre la nostra umanità. La società, invece di abbracciare questa varietà, la incanala in strutture che ci soffocano.

E se la vera libertà fosse altrove? Non solo in un’espansione mentale, ma in una trasformazione radicale della nostra condizione. Diventare una specie multi-planetaria non è solo un sogno tecnologico: è una necessità evolutiva. Lasciare la Terra significa spezzare le catene della nostra autoreferenzialità, abbandonare modelli fossilizzati e aprire la porta a nuove possibilità di essere. Su altri mondi, lontani dai confini che ci siamo imposti, potremmo riscoprire l’umano autentico: non quello definito da norme, generi o poteri, ma quello che fiorisce senza bisogno di giustificarsi.

Come una pianta antica, che affonda le sue radici nella terra ma tende i suoi rami verso il cielo, l’umanità potrebbe imparare a essere. A esistere, semplicemente, in una libertà che non chiede permesso.”