Leonardo Da Vinci: Frasi popolari (pagina 3)

“Questo per isperienza è provato, che chi non si fida mai sarà ingannato.”

“Reprendi l'amico tuo in segreto e laldalo in paleso.”

“Questa, trovando la tana del basilisco, coll'odore della sua sparsa orina, l'occide: l'odore della quale orina ancora, spesse volte, essa donnola occide.”

“Quest'ha nel suo, ch'apre bocca, e nel fine strigne' denti, e ammazza il marito; poi i figlioli, in corpo cresciuti, straccian il ventre, e occidano la madre.”

“Sempre la pratica dev'essere edificata sopra la buona teorica.”

“La pittura è una poesia che si vede e non si sente, e la poesia è una pittura che si sente e non si vede. Adunque queste due poesie, o vuoi dire due pitture, hanno scambiati i sensi, per i quali esse dovrebbero penetrare all'intelletto.”

“Questa col suo canto fa tacere il cucco; more nell'olio e rinasce nell'aceto; canta per li ardenti caldi.”

“O studianti, studiate le matematiche, e non edificate sanza fondamenti.”

“Dimmi, dimmi se mai fu fatta cosa alcuna”

“Questo omo ha una somma pazzia, cioè che sempre stenta per non istentare, e la vita se li fugge sotto speranza di godere i beni con somma fatica acquistati.”

“Chi tempo ha e tempo aspetta, perde l'amico e danari non ha mai.”

“Chi poco pensa molto erra.”

“Questa co' la celidonia 'lumina i sua ciechi nati.”

“Una volta che abbiate conosciuto il volo, camminerete sulla terra guardando il cielo, perché là siete stati e là desidererete tornare.”

“Farai le figure in tale atto, il quale sia sufficiente a dimostrare quello che la figura ha nell'animo; altrimenti la tua arte non sarà laudabile.”

“Come è più difficile a 'ntendere l'opere di natura che un libro d'un poeta.”

“Questa, bevendo la salsa acqua, caccia da sé il male; se truova la compagna in fallo, l'abbandona, e, quando è vecchia, i sua figlioli la covano e pascano, in fin che more.”

“Vedendo il castagno l'uomo sopra il fico, il quale piegava inverso sé i sua rami, e di quelli ispiccava i maturi frutti, e quali metteva nell'aperta bocca disfacendoli e disertandoli coi duri denti, crollando i lunghi rami e con temultevole mormorio disse: «O fico, quanto se' tu men di me obrigato alla natura! Vedi come in me ordinò serrati i mia dolci figlioli, prima vestiti di sottile camicia, sopra la quale è posta la dura e foderata pelle, e non contentandosi di tanto beneficarmi, ch'ell'ha fatto loro la forte abitazione, e sopra quella fondò acute e folte spine, a ciò che le mani dell'homo non mi possino nuocere.» Allora il fico cominciò insieme co' sua figlioli a ridere, e ferme le risa, disse: «Conosci l'omo essere di tale ingegno, che lui ti sappi colle pertiche e pietre e sterpi, tratti infra i tua rami, farti povero de' tua frutti, e quelli caduti, peste co' piedi e co' sassi, in modo ch'e frutti tua escino stracciati e storpiati fora dell'armata casa; e io sono con diligenza tocco dalle mani, e non come te da bastoni e da sassi.»”

“Non si po' aver ragione né minor signoria che quella di se medesimo.”