“Noi abbiamo due zar: Nicola II e Lev Tolstòj. Qual è il piú forte? Nicola II è impotente contro Tolstòj, non può scuotere il suo trono, mentre Tolstòj è senza dubbio in grado di scuotere il trono di Nicola II e della sua dinastia. Lo si maledice, il Sinodo lancia l'anatema contro di lui. Tolstòj risponde, e la sua risposta circola manoscritta e compare nei giornali stranieri. Che qualcuno provi solo a toccare Tolstòj, il mondo intero urlerà e la nostra amministrazione sarà costretta ad abbassare la cresta!”

dalla rivista Tempo Nuovo
Origine: Citato in AA.VV., Lev Tolstòj, collana I giganti, Periodici Mondadori, Verona, 1970, p. 32.

Estratto da Wikiquote. Ultimo aggiornamento 21 Maggio 2020. Storia
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Aleksej Sergeevič Suvorin 1
editore, giornalista e scrittore russo 1834–1912

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“[Su Nicola II] Quando divenne zar era disperato. Continuava a dire che non sapeva cosa sarebbe successo di noi e che lui si sentiva completamente inadatto a regnare.”

citato in Luigi Fossati, Nicola II, in Le ultime monarchie, Istituto Geografico De Agostini, 1973, p. 19

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“Sembra talvolta che ci siano due Tolstoj. Uno, il più conosciuto, è il romanziere celebre […].
L'altro Tolstoj, che pare nascere, già vecchio, dopo il 1880, è il pensatore anarchico e cristiano che mette sotto accusa la società com'è e condanna la ricchezza, il sesso, l'arte come «vizi» del nostro mondo; contrapposto a quello vitalistico, è un Tolstoj etico (non moralista, com'è talvolta detto: Tolstoj non è un moralista, se mai il contrario) e razionalista, uno che a ogni passo si guarda vivere, e vivendo cerca le ragioni della vita. Per questo verifica di continuo, come in una colossale equazione, i dati della coscienza con quelli della realtà. L'esercizio, anche se svolto con forza logica prodigiosa (tanto che Ludwig Wittgenstein considerava Tolstoj uno dei suoi maestri), appare a molti vagamente maniacale e, alla fine, noioso. I biografi tolstoiani simpatizzano di solito col primo Tolstoj, che si presta al cliché facile del genio sregolato e fa più scena, e mettono il secondo, dato che non possono ignorarlo, come dietro un vetro spesso: si vede il gesticolare, ma non si capisce quel che dice, e l'effetto è curioso.
I Diari di Tolstoj (che tiene, con qualche interruzione, per sessantatré anni) fanno giustizia di questa dicotomia. La forza vitale e il pensiero, la vita e la riflessione su di essa, che possono sembrare contrastanti, appaiono qui complementari e inscindibili, fusi, per tutto il corso dell'esistenza tolstoiana, in un unico modo di capire e sentire il mondo. Essi ci mostrano il filo ininterrotto che lega il primo e il secondo Tolstoj […].”

dall'introduzione a Lev Nikolaevič Tolstoj, I diari, Longanesi, Milano, 1980, pp. 9-10

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“Mi sono sentito in grado di dichiararmi cristiano solo quando sono stato ragionevolmente sicuro che uno scrutinio della mia vita non avrebbe disonorato gli standard inconcepibilmente alti posti dai cristiani che ammiro, come Tolstoj e Pascal.”

Malcolm Muggeridge (1903–1990) giornalista e scrittore britannico

Origine: It would be very wicked for any man to say that he had completely achieved mastery of his fleshly appetites, but I felt able to declare myself a Christian when I was reasonably sure that a scrutiny of my life would not disgrace the inconceivably high standards that Christians I admire — like Tolstoy and Pascal — have set. (da Jesus Rediscovered, Doubleday, 1979, p. 189)

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“Rimane per molti versi il primo profeta del nostro tempo […]. Non c'è oggi nessuno che abbia il profondo discernimento e la forza morale di Tolstoj.”

Albert Einstein (1879–1955) scienziato tedesco

Origine: Dall'intervista Peace Must Be Waged, Survey Graphic, agosto 1934; citato in Einstein on Peace, a cura di Otto Nathan e Heinz Norden, Simon and Schuster, New York, 1960, p. 261.
Origine: Pensieri di un uomo curioso, p. 59

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“[…] questo «io eroico» non si pone più autonomamente dinanzi ai propri avversari, come al tempo dei cinismi giovanili o delle prime dispute contro la pedagogia istituzionale, ma è certo d'agire per conto di un'istanza superiore ben identificata e inesauribile, la dottrina del Vangelo – del testo greco dei Vangeli ritradotto dallo stesso Tolstòj (un'ottima traduzione). Una dottrina che Tolstòj fa valere integralisticamente, ignorando di proposito la distanza di diciotto secoli, rifiutandosi di «storicizzare» e di attenuare come che sia i comandamenti di Gesù, e aprendo così un fronte immenso sul quale battersi nel mondo «pseudo-cristiano» o «cristiano-ecclesiastico» (come egli lo chiama) in cui non c'è versetto del Vangelo che, tradotto fedelmente, non suoni completamente sconosciuto e scandaloso. In questa sua ultima ed enorme scommessa sulla propria energia e forza d'urto, a Tolstòj non rimane più tempo né spazio per una dimensione privata, per una qualche quinta in cui riprendere fiato: tutto è messo in gioco, e tutto è illuminato dai riflettori. Da questa condizione Tolstòj trae adesso la forza e il gusto di continuare a vivere; da questa condizione – e dalla forza e dal gusto di vivere che gliene vengono – la sua arte trae vigore, volontà, argomenti; e di questa sua arte Tolstòj vive – scrittore com'egli è, fino al midollo. In questo cerchio virtuoso, trionfante, percorre i suoi cicli la dialettica tra pubblico e privato dell'ultimo periodo della vita di Tolstòj, vecchio conte che è diventato in tutto attore e non lo è più in nulla. (Non per nulla questo Tolstòj fu l'ultima grande passione di Nietzsche, prima della follia, e Nietzsche lo leggeva e compulsava avidamente, riconoscendo in lui lo stesso mito al quale anch'egli si sentiva forzato: la consumazione del confine tra «arte» e «vita», tra «volontà» e «realtà».)”

Igor Sibaldi (1957) traduttore, saggista e scrittore italiano

p. L

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