Antonio Angelillo:
Gol
Antonio Angelillo era allenatore di calcio e ex calciatore argentino.
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Antonio Angelillo:
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“[Riferito ai suoi esordi] Sono nato nel quartiere del Parque Patricios, vicino al campo dell'Huracán, a Buenos Aires. Figlio unico di Soledad e Antonio, un "carnicero", un macellaio. Era la città di Borges e di Gardel, il dio del tango. Immensa. Viva. Bellissima. Lì il calcio era arte, secondo solo al tango. C'erano Di Stefano e Pedernera nel River, Martino e Pontoni nel San Lorenzo de Almagro. Assomigliavo molto a Pontoni, centravanti del San Lorenzo. Tecnica e movimento. Studiavo e suonavo. Per quattro anni ho suonato il bandoneón, una fisarmonica per il tango, che si teneva sulle ginocchia. Ma quando El Gordo Diaz mi vide, incominciai a giocare nell'Arsenal. A 17 anni ho debuttato in A in Huracàn-Racing. Presto ho esordito in nazionale. Il trio d'attacco era Maschio-Angelillo-Sívori. Quando vincemmo il Sudamericano di Lima del '57, siamo diventati "los angeles con caras sucias", gli Angeli dalla faccia sporca. Maschio segnò 9 gol, io 8. Sívori ne realizzò pochi: lui si divertiva. C'era anche il Brasile che l'anno dopo avrebbe vinto il titolo mondiale.”
“[Riferito al record di gol nella Serie A 1958-59] Bastava che toccassi la palla ed era gol. Ne feci 31 in 27 giornate. Poi la porta diventò stregata. Il record di Felice Borel, 32 reti, era lì, ma per sei giornate non segnai. Solo pali, salvataggi, errori clamorosi. Con l'Alessandria, alla penultima giornata, quando esordì Rivera, ebbi 5 palle-gol e non segnai: alla fine mi misi a piangere. Solo nell'ultima partita, a San Siro contro la Lazio, spezzai il tabù con una doppietta. Poi nessuno riuscì a fare meglio. E quello, ormai, resta il record del secolo.”