“In tribunale il valore del diario di Isabella rimase dubbio. Come ogni altro libro dello stesso genere, oltre che di ricordi era fatto anche di aspettative: era provvisorio e instabile, si situava al confine tra pensiero e azione, desiderio e realtà. Ma, come cruda testimonianza emotiva, era un’opera che lasciava attoniti, che poteva destare entusiasmo o allarme. Il diario diede ai suoi lettori vittoriani un’immagine del futuro, come offre a noi un’immagine del nostro mondo plasmato sul passato. Sicuramente non ci dice ciò che accadde nella vita di Isabella, ma ci dice ciò che lei desiderava.
Il diario dipingeva un ritratto delle libertà a cui le donne avrebbero potuto aspirare, se avessero rinunciato a credere in Dio e nel matrimonio: il diritto ad avere delle proprietà e del denaro, a ottenere la custodia dei figli, a sperimentare dal punto di vista sessuale ed intellettuale. Accennava anche al dolore e alla confusione che queste libertà avrebbero generato. Nel decennio in cui la Chiesa rinunciò al proprio controllo sul matrimonio e Darwin gettò nel dubbio più profondo le origini spirituali dell’umanità, quel diario era un segno dei tumulti che si sarebbero verificati.
In una pagina senza data Isabella si rivolgeva esplicitamente a un futuro lettore. «Una settimana del nuovo anno se n’è già andata, - esordiva. – Ah! Se avessi la speranza dell’altra vita di cui parla mia madre (oggi lei e mio fratello mi hanno scritto delle lettere affettuose), e che il signor B. ci ha sollecitato a conquistarci, sarei allegra e felice. Ma, ahimé!, non ce l’ho, e non potrò mai ottenerla; e per quanto riguarda questa vita, la mia anima è invasa e lacerata dalla rabbia, dalla sensualità, dall’impotenza e dalla disperazione, che mi riempiono di rimorso e di cattivi presentimenti».
«Lettore, -scrisse – tu vedi la mia anima più nascosta. Devi disprezzarmi e odiarmi. Ti soffermi anche a provare pietà? No; perché quando leggerai queste pagine, la vita di colei che “era troppo flessibile per la virtù; troppo virtuosa per diventare una cattiva fiera e trionfante” sarà finita». Era una citazione imprecisa dall’opera teatrale The Fatal Falsehood (1779) di Hannah More, in cui un giovane conte italiano – un «miscuglio di aspetti strani e contraddittori» – si innamora perdutamente di una donna promessa al suo migliore amico.
Quando Edward Lane lesse il diario, fu questo passaggio in particolare a suscitare la sua rabbia e il suo disprezzo: «Si rivolge al Lettore! – scrisse a Combe – Ma chi è il Lettore? Allora quel prezioso diario è stato scritto per essere pubblicato, o, almeno, era destinato a un erede della sua famiglia? In entrambi i casi, io affermo che è completa follia – e se anche non ci fossero ulteriori pagine, in questo guazzabuglio farraginoso, a confermare la mia ipotesi, a mio parere questa sarebbe già sufficiente».
Eppure il richiamo di Isabella a un lettore immaginario può, al contrario, fornire la spiegazione più limpida del perché avesse tenuto il diario. Almeno una parte di lei voleva essere ascoltata. Coltivava la speranza che qualcuno, leggendo quelle parole dopo la sua morte, avrebbe esitato prima di condannarla; che un giorno la sua storia potesse essere accolta con compassione e perfino amore. In assenza di un aldilà spirituale, noi eravamo l’unico futuro che aveva.
«Buona notte, - concludeva, con una triste benedizione: - Possa tu essere più felice!».”

Mrs. Robinson's Disgrace: The Private Diary of a Victorian Lady

Ultimo aggiornamento 22 Maggio 2020. Storia

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“Tu che pensi, che immagini, | tu che trasformi la realtà in sogno, | esprimi il desiderio di esserci, di resistere. | Tu che hai voglia di dare, | vedi un universo senza argini e confini, | un mondo che crede nel progresso. | Tu che ami, tu che semplicemente sei.”

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“Era a Pontigny, non so in quale occasione, al tavolo, R. M. du Gard fu sorpreso che non tenevo un diario. Parlando d'altro, sommerso dalle idee che percepivo nella coscienza, sembrava si insinuasse un pensiero chiaro e compatto - compatto in tutto il desiderio che lo animava: da oggi scriverò il diario, scriverò tutto ciò che vivo intimamente, tutto il residuo spirituale che mi lascia la vita, e - perché non ho mai fatto nulla senza amore, niente di utile dico - sapevo che questa decisione non sarei stata in grado di realizzarla in modo coerente se non "dedicandola" a qualcuno.”

Alice Voinescu (1885–1961) scrittrice, saggista e traduttrice rumena

Era la Pontigny, nu mai stiu cu ce prilej, la masă, R.M. du Gard s-a mirat mustrător că nu-mi ţin jurnalul. Vorbind despre altele, dedesubtul ideilor ce se perindau în conştiinţă, parcă se înfiripa un gând limpede şi compact - compact de tot dorul ce-l mâna: voi scrie de azi jurnalul, voi scrie tot ce trăiesc intim, tot reziduul spiritual ce-mi lasă viaţa şi – fiindcă niciodată nu am făcut nimic fără dragoste, nimic cu folos zic – ştiam că şi această hotărâre nu o voi putea realiza consecvent decât «dedicând-o» cuiva
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