Frasi da libro
Ab Urbe condita libri
Ab urbe condĭta libri CXLII , conosciuta semplicemente come Ab Urbe condita e in italiano anche solo come Storia di Roma e talvolta come Historiae , è il titolo, derivato dai codici , con cui l'autore, lo storico latino Tito Livio, indica l'estensione e l'argomento della sua opera: la storia narrata a partire dalla fondazione di Roma.

“È raro che agli uomini vengano concessi, nello stesso momento, successo e lungimiranza.”
XXX, 42; 1997
[R]aro simul hominibus bonam fortunam bonamque mentem dari.
Ab urbe condita, Libro XXI – Libro XXX

“Sono i cuori di chi ha ricevuto un beneficio, il forziere più prezioso.”
XLV, 42; 1997
Beneficia gratuita esse populi Romani; pretium eorum malle relinquere in accipientium animis quam praesens exigere.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: Nel contesto la frase è seguita da "la restituzione avverrà in termini di stima e gratitudine" che fa comprendere meglio il senso dell'espressione. Letteralmente in latino la frase significa: "I benefici, il popolo romano li elargiva senza contropartita e preferiva riporre il prezzo del riscatto nell'animo dei beneficiati piuttosto che convertirlo in denaro contante."
Origine: L'espressione è usata in risposta al re Coti che per ingraziarsi il Senato romano gli promette donativi. Ma il Senato, ancora per la maggior parte onesto, risponde in questo modo per far capire anche ad altri regnanti che l'alleanza con Roma non si può comprare, ma che si acquista aiutandola nei momenti difficili; di conseguenza il favore di Roma si ottiene con i fatti.

“Non possiamo tollerare né i nostri vizi tradizionali né i loro rimedi.”
proemio, 9; 1997
Nec vitia nostra nec remedia pati possumus.
Ab urbe condita, Proemio – Libro X

“A cattivo principio cattiva fine.”
proemio, 10; 2006
[F]oedum inceptu foedum exitu.
Ab urbe condita, Proemio – Libro X

“Patisca la stessa sorte chiunque abbia ad oltrepassare le mie mura.”
Romolo: I, 7; 1997
Sic deinde, quicumque alius transiliet moenia mea, interfectum.
Ab urbe condita, Proemio – Libro X

I, 19; 1997
Clauso eo cum omnium circa finitimorum societate ac foederibus iunxisset animos, positis externorum periculorum curis, ne luxuriarent otio animi quos metus hostium disciplinaque militaris continuerat, omnium primum, rem ad multitudinem imperitam et illis saeculis rudem efficacissimam, deorum metum iniciendum ratus est.
Ab urbe condita, Proemio – Libro X

“Roma intanto prospera sulle rovine di Alba.”
I, 30; 1997
Roma interim crescit Albae ruinis.
Ab urbe condita, Proemio – Libro X

“Se non c'è volontà non c'è colpa.”
I, 58; 1997
[U]nde consilium afuerit culpam abesse.
Ab urbe condita, Proemio – Libro X

“In un popolo libero hanno più potenza i comandi delle leggi che non quelli degli uomini.”
II, 1; 2006
In libero populo imperia legum potentiora sunt quam hominum.
Ab urbe condita, Proemio – Libro X

“La libertà corre gravi pericoli a causa di inganni e tradimenti.”
II, 3; 1997
Per dolum ac proditionem prope libertas amissa est.
Ab urbe condita, Proemio – Libro X

“È pericoloso, data la facilità con cui si sbaglia, vivere puntando solo sull'onestà.”
II, 3; 1997
[P]ericulosum esse in tot humanis erroribus sola innocentia vivere.
Ab urbe condita, Proemio – Libro X

“A debiti si aggiungono debiti per via dell'usura.”
II, 23; 1997
Id cumulatum usuris.
Ab urbe condita, Proemio – Libro X

II, 39; 1997
Externus timor, maximum concordiae vinculum, quamvis suspectos infensosque inter se iungebat animos.
Ab urbe condita, Proemio – Libro X
Origine: Mentre i tribuni istigavano la plebe già inferocita di per sé contro la nobiltà cittadina, queste lotte fra patrizi e plebei cessarono di fronte ad un pericolo condiviso da entrambi: la guerra.

“La gloria disdegnata ritorna talvolta, a tempo debito, accresciuta.”
II, 47; 2010
Adeo spreta in tempore gloria interdum cumulatior rediit.
Ab urbe condita, Proemio – Libro X