Frasi da libro
Ab Urbe condita libri

Tito Lívio Titolo originale Ab Urbe condĭta (Latine)

Ab urbe condĭta libri CXLII , conosciuta semplicemente come Ab Urbe condita e in italiano anche solo come Storia di Roma e talvolta come Historiae , è il titolo, derivato dai codici , con cui l'autore, lo storico latino Tito Livio, indica l'estensione e l'argomento della sua opera: la storia narrata a partire dalla fondazione di Roma.


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“Tutto ciò che nasce nella sua sede originaria è più genuino: trapiantato su un terreno che non gli è proprio, è costretto a degenerare perché la sua natura deve diventare simile a ciò da cui trae nutrimento.”

XXXVIII, 17; 1997
<Est> generosius, in sua quidquid sede gignitur; insitum alienae terrae in id, quo alitur, natura vertente se, degenerat.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

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“L'invidia è cieca, né altro sa fare che sminuire il valore altrui, corrompendo gli onori ed i meriti che uno si merita.”

Gneo Manlio Vulsone: XXXVIII, 49; 2006
Caeca invidia est nec quicquam aliud scit quam detractare virtutes, corrumpere honores ac praemia earum.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

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“La vecchiaia degli uomini celebri sia inviolata e sicura.”

Tiberio Sempronio Gracco: XXXVIII, 53; 2006
Clarirum virorum senectus, inviolata et tuta sit.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

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“Quella che prima era solo una forma di servizio, cominciò ad essere considerata un'arte.”

XXXIX, 6; 1997
Quod ministerium fuerat, ars haberi coepta.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL
Origine: Ci si riferisce alla cucina e all'arte culinaria dei cuochi che nel periodo di contatto con la cultura mediterranea prende avvio.

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“Non c'è nulla di più ingannevole di una religione falsa che è spesso celata sotto un abito attraente.”

Spurio Postumio Albino: XXXIX, 16; 1997
Nihil enim in speciem fallacius est quam prava religio. Ubi deorum numen praetenditur sceleribus.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL
Origine: Ci si riferisce ai riti dei Baccanali.

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“[Filippo V, Re di Macedonia] in un empito di furore, aggiunse che ancora non era calato il sole di tutti i giorni.”

XXXIX, 26; 1997
Elatus deinde ira adiecit nondum omnium dierum solem occidisse.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

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“In Catone tanto più forti erano l'animo e l'indole che appariva chiaro come, qualunque fosse stato il suo rango sociale, si sarebbe costruito da solo la sua fortuna.”

XXXIX, 40; 1997
In hoc viro tanta vis animi ingeniique fuit, ut quocumque loco natus esset, fortunam sibi ipse facturus fuisse videretur.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

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“Catone ebbe un ingegno tanto versatile e tanto adattabile ad ogni situazione che, qualunque fosse il settore in cui era impegnato, si sarebbe detto che fosse nato proprio per esercitare quell'unica attività.”

XXXIX, 40; 1997
[H]uic versatile ingenium sic pariter ad omnia fuit, ut natum ad id unum diceres, quodcumque ageret.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

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“Si diceva che caratterizzava l'uomo saggio e dunque giustamente fortunato il comportarsi con senso della misura nelle situazioni favorevoli senza fidarsi troppo di una momentanea tranquillità.”

XLII, 62; 1997
Modum inponere secundis rebus nec nimis credere serenitati praesentis fortunae, prudentis hominis et merito felicis esse.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

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“Quiriti, io non sono di quelli che pensano che ai comandanti non si debbano rivolgere dei consigli: anzi, quello che agisce soltanto sulla base della sua opinione, lo giudico arrogante e non certo avveduto.”

Lucio Emilio Paolo Macedonico: XLIV, 22; 1997
Non sum is, Quirites, qui non existumem admonendos duces esse: immo eum, qui de sua unius sententia omnia gerat, superbum iudico magis quam sapientem.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: Le parole di Lucio Emilio Paolo si rifanno ad un'affermazione di Quinto Fabio Massimo, il Temporeggiatore, che preferì una diminuzione del suo potere piuttosto che servire male lo Stato.

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“Quando la situazione è a noi favorevole, non si deve agire contro qualcuno con arroganza o violenza.”

Lucio Emilio Paolo Macedonico: XLV, 8; 1997
Ideo in secundis rebus nihil in quemquam superbe ac violenter consulere decet.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: Dopo una vittoria non si deve infierire violentemente sul nemico, ma – secondo il concetto di clemenza – si deve cercare di tendere alla pace.
Origine: Questa espressione ha la funzione di exemplum, cioè di una "morale" riguardo la guerra.

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“Non ci si deve fidare troppo della buona sorte del momento perché non siamo tranquilli nemmeno su quello che ci può recare la sera.”

Lucio Emilio Paolo Macedonico: XLV, 8; 1997
[N]ec praesenti credere fortunae, cum, quid vesper ferat, incertum sit.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

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“Uomo sarà colui che non si lascerà né trasportare dal soffio della buona fortuna né schiantare da quello della avversa.”

Lucio Emilio Paolo Macedonico: XLV, 8; 1997
Is demum vir erit, cuius animum neque prosperae <res> flatu suo efferent nec adversae infringent.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: Il senso è che: uomo sarà colui il quale saprà approfittare delle occasioni con moderazione e sarà allo stesso tempo accorto nelle situazioni improvvise.

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“I popoli, come gli individui, hanno particolari inclinazioni: alcuni sono portati all'ira, altri all'audacia, altri alla viltà.”

Astimede: XLV, 23; 1997
Tam civitatium quam singulorum hominum mores sunt: gentes quoque aliae iracundae, aliae audaces, quaedam timidae.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: Capo di una delegazione rodiese a Roma.

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“L'arroganza si limita solo alle parole.”

Astimede: XLV, 23; 1997
Superbiam, verborum praesertim.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

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“Riguardo all'arroganza, i violenti la soffrono, ma i saggi la deridono.”

Astimede: XLV, 23; 1997
Superbiam […], iracundi oderunt, prudentes inrident.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

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“L'uso corregge nelle loro mancanze le leggi scritte.”

XLV, 32; 2006
Legum corrector usus.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

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“I mediocri non sono mai fatti oggetto di odio perché l'odio mira in alto.”

XLV, 35; 1997
Intacta invidia media sunt: ad summa ferme tendit.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: La riflessione è stata scritta da Livio riguardo al ritorno dal console Lucio Emilio Paolo dalla vittoriosa guerra macedonica contro Perseo. Infatti i tribuni della plebe, ma anche i senatori stessi, fecero a pezzi l'immagine del console defraudandolo, in un primo tempo, dell'onore della vittoria. Il comandante veniva accusato di aver impartito troppo duramente la disciplina militare. In questo senso l'odio mira alle persone di una certa importanza, infatti avendo esse più risonanza delle altre, sono per alcuni motivo d'odio.

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“La buona sorte è abituata a volgersi indietro una volta raggiunto il suo apice.”

Lucio Emilio Paolo Macedonico: XLV, 41; 1997
[C]um ex summo retro volui fortuna consuesset.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

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“Certamente nemmeno il destinatario di un dono può esserne soddisfatto se chi lo concede sa di poterlo riprendere quando vuole.”

XLV, 44; 1997
Ne cui detur quidem, gratum esse donum posse, quod eum, qui det, ubi velit, ablaturum esse sciat.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL