“Smitho: Io, per certo, molto mi muovo da l'autorità del libro di Giobbe e di Mosè; e facilmente posso fermarmi in questi sentimenti reali più tosto che in metaforici ed astratti: se non che, alcuni pappagalli d'Aristotele, Platone ed Averroe, dalla filosofia de' quali son promossi poi ad esser teologi, dicono che questi sensi son metaforici; e cossì, in virtù de lor metafore, le fanno significare tutto quel che gli piace, per gelosia della filosofia, nella quale son allevati.
Teofilo: Or quanto siino costante queste metafore, lo possete giudicar da questo, che la medesma Scrittura è in mano di giudei, cristiani e mahumetisti, sètte tanto differenti e contrarie, che ne parturiscono altre innumerabili contrariissime e differentissime; le quali tutte vi san trovare quel proposito che gli piace e meglio gli vien comodo: non solo il proposito diverso e differente, ma ancor tutto il contrario, facendo di un sì un non, e di un non un sì, come, verbigrazia, in certi passi, dove dicono che Dio parla per ironia.”
dialogo IV
Ultimo aggiornamento 21 Maggio 2020.
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