“[Riferito alla Commedia dell'arte] Il soggetto non è altro che la tessitura delle scene sopra un argomento formato, dove in compendio si accenna un'azione che deve dirsi e farsi dal Recitante all'improvviso, distinguendosi per atti e scene. […] Questi soggetti o son fatti apposta per rappresentarsi all'improvviso o sono presi da commedie distese dagli antichi o moderni, ridotte a stilo di potersi rappresentare all'improviso per rifuggire il tedio d'un lungo concerto, che richiede la Comedia premeditata, e per rimediar subito ad una ricreazione con quei personaggi, che si haveranno alla mano […] potendosi anco in poco tempo rappresentare più, e diverse Commedie all'improviso, quando nella premeditata sarà sempre la stessa doppo una lunga fatiga.”

Dell'arte rappresentativa, premeditata e all'improvviso

Estratto da Wikiquote. Ultimo aggiornamento 21 Maggio 2020. Storia
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Andrea Perrucci 12
drammaturgo, librettista e gesuita italiano 1651–1704

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“Il soggetto moderno è il soggetto singolare autosufficiente, l'oggetto del soggetto moderno è un oggetto costruito da egli stesso.”

Pietro Barcellona (1936–2013) docente, politico e filosofo italiano

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“[Dichiarazione programmatica dell'intento 'prescrittivo' della opera teorica sulla commedia dell'arte] Io però se prendo a dar norma d'arte rappresentativa, mi protesto di quella voler scrivere, che chiamò Tullio: "Imitatio vitae, speculum consuetudinis, imago veritatis"; e che serva ad morum salubrem expurgationem, come autenticò lo Stagirita, che vaglia ad erudire le menti, a far detestare i vizii, & ad abbracciare le virtù, con portare sulle scene, gli esempi dell'enormità punite, e dell'azioni gloriose premiate.”

Andrea Perrucci (1651–1704) drammaturgo, librettista e gesuita italiano

Dell'arte rappresentativa, premeditata e all'improvviso
Origine: La frase completa, frequentemente citata, è "Comoedia est imitatio vitae, speculum consuetudinis, imago veritatis" ("la commedia è imitazione della vita, specchio dei costumi e immagine dela realtà"). La frase, per noi perduta, è generalmente attribuita a Cicerone (De re publica, IV.11) anche se non vi è certezza sull'appartenenza a quest'ultima opera. L'attribuzione a Cicerone è fatta da Elio Donato (De Comoedia et Tragoedia, edizione Wessner, I.22.) il cui testo era facilmente fruibile nel Rinascimento perché incorporato come prefazione a Terentii Comoedia, un'edizione delle commedie di Terenzio del 1546.

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