“Caeli, Lesbia nostra, Lesbia illa, | illa Lesbia, quam Catullus unam | plus quam se atque suos amauit omnes, | nunc in quadriviis et angiportis | glubit magnanimi Remi nepotes.”

LVIII, Degradazione
Carmi

Estratto da Wikiquote. Ultimo aggiornamento 21 Maggio 2020. Storia
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degradazione , età
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Gaio Valerio Catullo 63
poeta romano -84–-54 a.C.

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“Hic et nunc non habeo dispositionem mentis, | latus mundi insanus est, | malus imbutus malis libidinibus.”

Franco Battiato (1945) musicista, cantautore e regista italiano

da U Cuntu, n. 10
Inneres Auge – Il tutto è più della somma delle sue parti

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“Venuta la sera, mi ritorno in casa, et entro nel mio scrittoio; et in su l'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango, et di loto, et mi metto panni reali et curiali; et rivestito condecentemente entro nelle antique corti degli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo, che solum è mio, et che io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro, et domandarli della ragione delle loro actioni; et quelli per loro humanità mi rispondono; et non sento per 4 hore di tempo alcuna noia, sdimenticho ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte; tucto mi transferisco in loro.”

Niccolo Machiavelli (1469–1527) politico, scrittore, storico italiano

da Lettera a Francesco Vettori, Firenze, 10 dicembre 1513, in Tutte le opere, a c. di M. Martelli, Firenze, Sansoni, 1971; citato in Classici italiani http://www.classicitaliani.it/machiav/mac64_let_05.htm
Variante: Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch'io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.

“Più volte haver porai tu fors'udito | la nobiltade et la celebre fama | de 'st'inclyta città posta nel lito | de le syrene. Et Napoli hor si chiama. | A questo lieto et fortunato sito | la giovenetta, ch'anchor via più s'ama, | sepolta giace et come antica autrice | la sirena Parthenope si dice.”

Ioan Bernardino Fuscano poeta italiano

da Stanze sovra la bellezza di Napoli, canto I.52; citato in Cristiana Anna Addesso, Le Stanze del Fuscano sovra la bellezza di Napoli http://www.fedoa.unina.it/2434/1/Addesso_Filologia_Moderna.pdf, Dottorato di ricerca in Filologia moderna, ciclo XVII (2002-2005), Università degli Studi di Napoli Federico II

Masaniello photo

“A 29 Giugno 1620 Thomaso Aniello figlio di Cicco d'Amalfi et Antonia Gargano è stato battezzato da me Don Giovanni Matteo Peta, et levato dal sacro fonte da Agostino Monaco et Giovanna de Lieto al Vico Rotto.”

Masaniello (1620–1647) rivoluzionario italiano

dall'atto di battesimo conservato nella Chiesa di Santa Caterina in Foro Magno, citato in Salvatore Di Giacomo, Celebrità napoletane, Trani, Vecchi, 1896

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“Vegnirò mo' a quelli balli et bassedançe che son fora dal vulgo fabricati per sale signorile, e da esser sol dançati per degnissime Madonne et non plebeie.”

Antonio Cornazano (1430–1484) poeta e scrittore italiano

da Libro sull'arte del danzare; citato in Luigi Calendoli, Storia universale della danza, Mondadori, 1985

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“Del Giapan, o vero Giapon, scriverò quello che per l'esperienza insino adesso habbiamo conosciuto. Primieramente la gente che habbiamo conversata, è la migliore che insin adesso si sia scoperta, et fra gli infedeli mi pare non si troveria altra migliore; generalmente sono di buona conversatione; è gente buona et non malitiosa; et stimano mirabilmente l'honore più che nissun'altra cosa; communemente sono poveri, et la povertà tanto fra li nobili, quanto fra gli altri non si reputa a vergogna. È gente molto cortese fra loro et stimanosi, confidando molto nelle armi; portano sempre spade e pugnali, tanto li nobili quanto la gente bassa, cominciando dalli 14 anni; non patisce questa gente ingiuria alcuna, parola di dispregio, come la gente ignobile: porta gran reverentia alli nobili. Così tutti li gentilhuomini reputano gran laude servire al signore della terra, et essergli molto soggetti. È gente temperata nel mangiare, benché nel bere alquanto larga: fanno il vino de riso, perché non ci è altro in quelle bande. Giurano poco; et il giuramento loro è per il sole: gran parte della gente sa leggere et scrivere, il che è gran mezzo per brevemente apparare le orationi et cose di Dio.”

Francesco Saverio (1506–1552) gesuita e missionario spagnolo

da una relazione spedita a Ignazio di Loyola a Roma
Origine: Citato in Pacifico Arcangeli, Letteratura e Crestomazia giapponese, Cisalpino, Istituto Editoriale Universitario, Milano, 1990 (ristampa anastatica autorizzata dall'editore Ulrico Hoepli), p. 8. ISBN 8820506505

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