da Chi c'è in quel film?, p. 511
“Se l'Olocausto ammetta una qualsiasi analogia […] si è ampiamente discusso. A giudizio di molti, è un evento senza paragone. Eppure esso entra di straforo, e anche non tanto di straforo, in analogie quotidiane. […] Babe […] comincia in un capannone industriale con una scena che evoca a un tempo il cinema espressionista tedesco e lo spettro dei campi di sterminio nazisti. Inquadrature dal basso e luci abbaglianti mostrano uomini in lunghi grembiuli di lavoro, simili ai trench militari delle SS. Gli uomini piombano su una scrofa e i suoi piccoli, e con dei pungoli li spingono su un camion. […] Sopravvive solo Babe, il più piccolo; e anche lui evita a stento di essere ridotto in braciole e prosciutti nella sua nuova vita presso una famiglia di agricoltori. È un'analogia frivola? Ingiuriosa, anzi, visto che i maiali sono decisamente non-kasher? L'Olocausto è una sfida radicale all'uso dell'analogia.”
Origine: Dalle Riflessioni in appendice a John Maxwell Coetzee, La vita degli animali, traduzione di Franca Cavagnoli e Giacomo Arduini, Adelphi, Milano, 2000, p. 99. ISBN 88-459-1556-5
Argomenti
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1944Citazioni simili
Origine: Dall'intervista di Gabrielle Lucantonio, Dario Argento, la televisione si tinge di nero, Il Manifesto, 20 luglio 2005.
Origine: Da La casa col mezzanino; citato in Ferdinando Castelli S.I., La rassegnata disperazione di Anton P. Cechov, La Civiltà cattolica, anno 155, volume I, quaderno 3685, 3 gennaio 2004, p. 38.
Origine: Le chiavi di San Pietro, p. 202