“Le nostre raccolte di aneddoti rigurgitano di storie di crapuloni che gettano i domestici alle murene, ma i crimini scandalosi, facilmente punibili, son poca cosa di fronte alle mille e mille angherie oscure, perpetrate ogni giorno da persone cosiddette perbene, ma dal cuore arido, che nessuno si sogna di molestare.”

III, 3: p. 111
Memorie di Adriano

Estratto da Wikiquote. Ultimo aggiornamento 09 Gennaio 2022. Storia
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Marguerite Yourcenar 135
scrittrice francese 1903–1987

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“Un regno | con un solo soldato | che cercava le streghe, | voleva cacciarle a sassate; | un regno | che ogni giorno viveva | di mille e mille e mille | "c'era una volta".| Se | non m'avessero detto mai | che le fiabe son storie non vere, | ora là io sarei.”

Luigi Tenco (1938–1967) cantautore italiano

da Il mio regno, n. 5
Luigi Tenco (1962)
Origine: Una variante, una versione uscita postuma nel 1969 presenta alcuni versi leggermente differenti: «ogni dì riviveva» e, nel finale, «il mio regno ora avrei». Enrico De Angelis, Luigi Tenco. Io sono uno. Canzoni e racconti, p. 41.

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“Nulla è scandaloso quanto gli stracci e nessun crimine è vergognoso quanto la povertà.”

George Farquhar (1677–1707) drammaturgo irlandese

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“[…] vorrei già esser tornato; son tre giorni che ho lasciato la mia città e debbo spenderne quasi mille senza più rivederla.”

Georges Bizet (1838–1875) compositore e pianista francese

da un viaggio in Italia; citato in Giulio Confalonieri, La storia della musica

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“Un tuffo al cuore in un attimo svela mille segreti.”

Federico Moccia (1963) scrittore, sceneggiatore e regista italiano

citato in Corriere della sera, 22 ottobre 2009

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“La lira accordata dalla fantasia | accompagni un pensiero oscuro e tetro; | poiché, ecco, son entrato nella tomba di Agamennone, | e tacito siedo sotto la volta sotterranea | intrisa del sangue crudele degli Atridi. | Il cuore si è assopito, ma sogna...”

Juliusz Słowacki (1809–1849) poeta polacco

quale tristezza! || Da lungi risuona quell'arpa d'oro, | di cui a me giunge soltanto l'eco eterna! | In questo antro druidico di grandi macigni | il vento penetra e sospira fra i crepacci, | ed ha la voce di Elettra: essa imbianca la tela | e mormora fra i lauri: «Quale tristezza!» [...] || Oh! come voi io taccio, Atridi, | le cui ceneri affidate alla custodia delle cavallette tacciono. | E non sento più la mia pochezza, | né più i miei pensieri si librano come aquile. | Sono qui profondamente umile e silenzioso, | in questo sepolcro di gloria, di delitto, di orgoglio.
Origine: Da La tomba di Agamennone, in Viaggio in Terrasanta da Napoli, 1836, in Scritti scelti, a cura di Bruno Meriggi, traduzione di A. M. Raffo, La Nuova Italia, Firenze, 1959, p. 91-94. In Andrzej Zielinski, Antologia delle letterature polacca-ungherese ceca-slovacca, Fratelli Fabbri Editori, 1970, p. 32.

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