“Immaginate la vita senza la morte. Per la disperazione si tenterebbe tutti i giorni di uccidersi.”

—  Jules Renard

13 marzo 1906; Vergani, p. 236
Diario 1887-1910

Estratto da Wikiquote. Ultimo aggiornamento 21 Maggio 2020. Storia
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Jules Renard 313
scrittore e aforista francese 1864–1910

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“La disperazione è follia. La follia, la percezione della impossibilità di vivere: esserci, ma come non esserci. La disperazione come esperienza di follia è incompatibile con la vita. Vede morte, progetta morte e ammazza sé e l'altro. La disperazione è una follia possibile all'uomo, a tutti gli uomini; è anzi una prospettiva dell'uomo, si lega al suo bisogno di stare con l'altro, al fatto che da solo non può vivere, perché la vita umana non è solitudine ma condivisione, appartenenza, attaccamento. L'uccidere è un attimo di disperazione infinito e insanabile, e allora il mondo appare inutile e dannoso e un individuo si percepisce come irriducibile al mondo, come un alieno, come un alienato. Un sentimento umano, possibile, compatibile alla normalità. L'ammazzare si lega alla follia della normalità, a quella capacità dell'uomo che, se entrato in crisi, invece che aiutarlo a vivere lo trasformano in morte e lo spingono ad uccidere e rovinarsi, uccidersi. Diversa è la follia dal punto di vista clinico, ma anche da quello giuridico (l'incapacità di intendere e di volere: un'infermità che è sopravvenuta impedendo alla macchina umana di funzionare). Io vedo la follia come un meccanismo che ricalca quello della disperazione, della sensazione di fine: l'incomprensibilità del mondo, il tirarsene fuori. Stare ancora sul pianeta senza saperlo. Vicino agli altri senza aver bisogno dell'altro. Perdendo persino il ricordo delle parole e del loro significato, rinunciando a comunicare. La schizofrenia ne è un esempio straordinario: essere nel mondo come il mondo finisse e come se l'essere non avesse alcun senso, poiché ogni significato si pone in una relazione. Lo schizofrenico è un'isola, una monade chiusa in una cella dell'esistere, in una prigione del mondo. In isolamento perché così può ancora respirare. La vita che più si avvicina alla morte. Insomma, la follia ha già a che fare con la morte, anche se non nella sua rappresentazione corporea, bensì in quella psicologica, la personalità, e in quella sociale, le relazioni. Vi sono tre morti: quella del corpo, la più emblematica e assoluta, quella psicologica, che permette al corpo di essere ancora attivo e di rivestirsi persino di eleganza, e poi la morte sociale: privati di ogni dimensione, come se fossimo diventati trasparenti e, pur dentro una moltitudine, nessuno ci vedesse. Il folle è un morto che cammina e che respira. Se uccide lo fa senza disperazione, forse per stizza, è un cadavere che uccide. La follia ha già superato la disperazione e per questo vive senza vivere, vive da morta e, se uccide, uccide già morta.”

Vittorino Andreoli (1940) psichiatra e scrittore italiano

da Il lato oscuro, Rizzoli, 2002

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“I sogni non son altro, che van'ombre | Immaginate dal pensier del giorno.”

Giovanni di Bernardo Rucellai (1475–1525) scrittore italiano

Olimpia: Atto I
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Origine: Citato in Harbottle, p. 421

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“[…] non sperare senza disperazione e non disperare senza speranza.”

104, 12; 2000, p. 955
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“La morte è la notte fresca; la vita, il giorno tormentoso.”

Heinrich Heine (1797–1856) poeta tedesco

Origine: Citato in Jorge Luis Borges, La metafora, in Storia dell'eternità, traduzione di Livio Rocchi Wilcock.

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“La vita stanca, ma la morte fa rabbrividire. Meglio un giorno da pecora che una vita da sonnambulo.”

Jim Morrison (1943–1971) cantautore e poeta statunitense

Attribuite, Poesie apocrife

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