“[Michelangelo Merisi da Caravaggio] Quando guardiamo la Vocazione di san Matteo ci accorgiamo che qualcosa di nuovo è avvenuto, qualcosa che ha mutato l'arte di Michelangelo da Caravaggio. Un nuovo modo di subordinare ogni immagine all'effetto generale di luce e ombra appare evidente, e poiché questo modo è essenziale a tutte le opere posteriori, si può dedurne che il periodo delle ricerche è finito e che lo stile dell'artista è perfettamente realizzato. Ci sono stati in tutti i tempi dei pittori realisti, che sono stati grandi artisti. Non perché abbiano riprodotto la realtà empirica in modo illusorio, ma perché l'hanno interpretata, e cioè veduta e sentita, a seconda della loro fantasia. E la loro differenza dai pittori della 'idea' è che questi evadono fantasticamente dalla realtà, mentre i 'naturalisti' interpretano la realtà e ne danno ciò che a loro sembra l'essenza. Giotto e Masaccio sono realisti come il Caravaggio, con questa differenza, ch'essi sono realisti senza un preciso programma, e il Caravaggio dovette farsi un programma per liberare polemicamente la propria fantasia da un groviglio di regole e di pregiudizi che il manierismo voleva imporgli.”

da Il Caravaggio
Origine: Citato in Francesca Marini, Caravaggio, Rizzoli/Skira, Milano. ISBN 8817008087

Estratto da Wikiquote. Ultimo aggiornamento 21 Maggio 2020. Storia
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Lionello Venturi 5
critico d'arte e storico dell'arte italiano 1885–1961

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“Nelle pitture di Caravaggio ci sono effetti di luce. L'interruttore non so dov'è.”

Bruno Munari (1907–1998) artista e designer italiano

da Occhio alla luce

“Spesso è stata proposta, sul serio, l'idea, che Damien Hirst sia un artista migliore di Michelangelo perché Hirst ha avuto l'idea di uno squalo in un acquario, mentre Michelangelo non ha avuto l'idea per il suo David. Quel che separa Michelangelo da Damien Hirst è che Michelangelo era un artista invece Damien Hirst non lo è. Le idee brillanti e profondamente commoventi di Michelangelo si manifestano in quello che ha realizzato; non erano bestemmie pretenziose schizzate fuori dalla cima della sua testa.”

It's often been proposed, seriously, that Damien Hirst is a greater artist than Michelangelo because he had the idea for a shark in a tank whereas Michelangelo didn't have the idea for his David. What separates Michelangelo from Damien Hirst is that Michelangelo was an artist and Damien Hirst isn't. Michelangelo's extremely subtle, profoundly moving ideas were manifest in what he made; they weren't pretentious profanities tossed off the top of his head.

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“[Michelangelo Merisi da Caravaggio] Dalle esperienze luministiche dei suoi precursori, fra cui erano anche quel Lotto che il Lomazzo […] chiama "maestro del dare il lume" e quel Savoldo in cui il Pino esalta "le ingegnose descrittioni dell'oscurità", il Caravaggio scopre "la forma delle ombre": uno stile dove il lume, non più asservito, finalmente, alla definizione plastica dei corpi su cui incide, è anzi arbitro coll'ombra seguace della loro esistenza stessa. Il principio era per la prima volta immateriale; non di corpo ma di sostanza; esterno ed ambiente all'uomo, non schiavo dell'uomo […] Che cosa importasse questo nuovo stile nei confronti col Rinascimento ch'era invece partito dall'uomo, e vi aveva sopra edificato una superba mole antropocentrica, cui anche la luce era anodina servente, è facile intendere. All'artificio, al simbolo drammatico dello stile attendeva ora il lume medesimo, non l'idea che l'uomo poteva aver formato di se stesso. Ma quando in un battito del lume una cosa assommasse, e poiché non era più luogo a preordinarla nella forma, nel disegno, nel costume, e neppure nella rarità del colore, essa non poteva sortire che terribilmente naturale. Il dirompersi delle tenebre rilevava l'accaduto e nient'altro che l'accaduto; donde la sua inesorabile naturalezza e la sua inevitabile varietà, la sua incapacità di "scelta". Uomini, oggetti, paesi, ogni cosa sullo stesso piano di costume, non in una scala gerarchica di degnità…”

Roberto Longhi (1890–1970) storico dell'arte italiano

da Quesiti caravaggeschi, "Pinacotheca", 1928-1929; citato in Caravaggio, pp. 186-187

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“Quello veramente da tener di mira è la sua nuova concezione stilistica. La nota che la caratterizza è una ricerca così tenace di concisione, da ricordare la sobrietà dei grandi periodi arcaici. A tal fine il Caravaggio si serve principalmente di due mezzi: della luce e della composizione. Egli, come è noto, immerge le sue scene nell'oscurità, investendole di un getto violento di luce radente, in modo che alcune parti soltanto affiorino dalle tenebre nella luce. Questa, creduta fino ad oggi, e forse dagli stessi suoi seguaci, una trovata realistica fu, caso mai, una concessione alla fantasia – come pare la interpretasse lo stesso Rembrandt –, ma soprattutto una ricerca di unità e di stile: un mezzo a mettere in valore certe parti e linee essenziali delle cose, facendole affiorare nella luce e ad eliminarne nelle tenebre altre secondarie, inutili o dannose ad una concisa rappresentazione. L'altro mezzo che il Caravaggio impiega per raggiungere l'unità stilistica riguarda, dunque, la composizione del quadro. Per il primo Michelangiolo aveva decisamente spezzato la secolare uniformità degli schemi compositivi a linee e piani paralleli "al quadro", e aveva mostrato quante maggiori risorse di movimento e di energia offrisse l'impostatura, diciamo, in tralice di certe sue figure; risorsa che il Tintoretto aveva spinto al colmo, limitandola però anche lui troppo a singole figure isolate. Era riserbato al Caravaggio di coronare la geniale iniziativa dei suoi precursori estendendo questo stesso sistema costruttivo a tutta quanta la compagine della composizione, in modo da ottenere in un sol tratto, con sintesi insuperata, il massimo risultato di senso plastico e dinamico. (da [http://books.google.it/books?id=euFBAQAAIAAJ Il Caravaggio], 1922; citato in * Caravaggio”

Matteo Marangoni (1876–1958) critico d'arte e compositore italiano

pag. 186
Francesca Marini, 2003
s)

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