“Chi vuol veder de l'altre belle il fiore | sparso, tutto raccolto in un soggetto, | miri costei, dal cui gentile aspetto | piove grazia, piacer, senno e valore. || Miri i begli occhi, onde sovente Amore | move lo strale che m'impiaga il petto, | la fronte piena di cortese affetto | e le man preste ad involarmi 'l core. || Miri l'andar soavemente altero, | oda 'l parlar alteramente umìle | e 'l cantar ch'armonia celeste spira. || E, poi ch'avrà ben estimato il vero, | «Questa – dica fra sé – vince ogni stile: | beato adunque chi per lei sospira.»”
Sonetto III, pp. 37-38
Rime
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Flora in campagna, p. 4)
Versi e prose

(da O iubelo del core, p. 44)
O allegrezza del cuore, che fai cantar d'amore! Quando l'allegria si sprigiona, ci fa così cantare con la lingua che balbetta e non sa che dire: non può nascondere ciò che prova tanto è grande la dolcezza.
Origine: citato in Letteratura Religiosa, Fratelli Fabbri Editori, 1965
Origine: Rime, Canzone alle donne sebezie, p. 320