“Un dì per le sublimi Alpi io movea | dei nepoti di Tell. Da canto al ponte, | che da Satana à nome, in giù fissava | la vanità del pauroso abisso, | dove la Reissa, furibonda naiade | sbatte l'urne di porfido, e ululando | fugge non vista. Ivi afferrato un cembro, | curvo sul ciglio lungamente stetti | su la morte librato. Io non vedea | che rupi ed ombra. Un indefesso e freddo | vento recava sibili d'ignoti | augelli; un rombo di cose cadenti, | e rimoto pei ciechi antri un perpetuo | mugghio. L'arcano spirito del loco | a piombargli nel sen con malïarde | vertigini invitava. Era un terrore | con voluttà.”
da È morta
Canti
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Fernando Pessoa
(1888–1935) poeta, scrittore e aforista portoghese
X p. 93
Poesie, Pessoa ortonimo, Messaggio, Poesie