“Nel 399 gli ateniesi avvelenarono Socrate. E Platone, il suo discepolo, costretto dalla stessa verità, non poteva non pensare che Socrate fosse stato avvelenato. […] In tutto ciò che egli ha scritto si percepisce sempre una domanda: c'è veramente un potere al quale sia dato costringerci ad ammettere definitivamente e per sempre che Socrate è stato avvelenato nel 399? Per Aristotele una tale questione, evidentemente assurda ai suoi occhi, non esisteva. Egli era convinto che la verità "Socrate è stato avvelenato", così come la verità "un cane è stato avvelenato", fosse superiore a ogni obiezione divina e umana. La cicuta non fa distinzione tra Socrate e un cane. E noi, "costretti a seguire i fenomeni", "costretti dalla stessa verità", siamo obbligati nei nostri giudizi mediati o immediati, a non fare alcuna differenza tra Socrate e un cane rabbioso.”
Atene e Gerusalemme, Bompiani,pp. 243-244, cur. L. Buggiani
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“Poi mentre si accingeva Da allora, dicono, – e aveva vent'anni – fu discepolo di Socrate […].”
III, 5; 2009, p. 102
Vite dei filosofi
The Last of the Wine

“Socrate grida domande per strada | e il Beato Angelico dipinge muri di periferia.”
da L'aggettivo "mitico", n. 1
Amore nel pomeriggio

Fedone 115 e). I discepoli lo pregano di attendere, come altri avevano fatto, il tramonto del sole. Ma Socrate vuole evitare di rendersi ridicolo aggrappandosi alla vita quando ormai non ce n'è più. Beve d'un fiato il veleno "senza temere, senza alterare il colore né l'espressione del viso, ma, guardando com'era solito i discepoli con i suoi occhi da toro, disse: 'Che ne pensi? Con questa bevanda è lecito fare libagione a qualcuno o no?'" (Fedone 117 b). Indi riprese a passeggiare finché non sentì le gambe pesanti, allora si sdraiò, e quando le parti del corpo cominciarono a farsi fredde disse: "'Critone, dobbiamo un gallo ad Esculapio; dateglielo e non dimenticatevené. 'Sarà fatto', rispose Critone, 'ma vedi se hai qualcos'altro da dire'. A questa domanda Socrate non rispose più nulla" (Fedone 118 a).