“[Nell'ultima lettera, poco prima di suicidarsi]
Mio Duce!
L'esasperante dolore di italiano e di fascista mi ha vinto!
Non è un atto di viltà quello che compio: non ho più energia non ho più vita.
Da più di trent'anni tu, Duce, hai avuta tutta la mia fedeltà. La mia vita era tua. Ti ho servito un tempo, come amico, ho proseguito a farlo, con funzione di gregario sempre con devozione assoluta.
Ti domando perdono se sparisco. Muoio col tuo nome sulle labbra e coll'invocazione per la salvezza dell'Italia.”
Origine: Citato in Gaetano Afeltra, I 45 giorni che sconvolsero l'Italia, Rizzoli, Milano 1993, p. 22. ISBN 88-17-84265-6
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“Dell'amico è comune il nome, ma rara la fedeltà.”
Vulgare amici nomen sed rara est fides.
IX. Socrates ad Amicos
Favole, Libro III

da Tempo splendore di Dio in Il Sole-24 Ore, 19 maggio 2002