“Venuta la sera mi ritorno a casa, ed entro nel mio scrittoio; ed in sull'uscio mi spoglio quella veste contadina, piena di fango, e di loto, e mi metto panni reali e curiali, e rivestito condecentemente entro nelle antiche corti degli antichi uomini, dove da loro ricevuto amorevolmente mi pasco di quel cibo, che solum è mio, e che io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro, e domandare della ragione delle loro azioni; e quelli per loro umanità mi rispondono; e non sento per quattr'ore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte; tutto mi trasferisco in loro.”

da Lettera a Francesco Vettori, in Opere complete, vol. 1, Editore Ernesto Oliva, Milano, 1850, p. XIX

Ultimo aggiornamento 21 Maggio 2020. Storia
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Niccolo Machiavelli 127
politico, scrittore, storico italiano 1469–1527

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“Venuta la sera, mi ritorno in casa, et entro nel mio scrittoio; et in su l'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango, et di loto, et mi metto panni reali et curiali; et rivestito condecentemente entro nelle antique corti degli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo, che solum è mio, et che io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro, et domandarli della ragione delle loro actioni; et quelli per loro humanità mi rispondono; et non sento per 4 hore di tempo alcuna noia, sdimenticho ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte; tucto mi transferisco in loro.”

Niccolo Machiavelli (1469–1527) politico, scrittore, storico italiano

da Lettera a Francesco Vettori, Firenze, 10 dicembre 1513, in Tutte le opere, a c. di M. Martelli, Firenze, Sansoni, 1971; citato in Classici italiani http://www.classicitaliani.it/machiav/mac64_let_05.htm
Variante: Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch'io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.

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“Questo triste mondo, che veste chi è vestito e spoglia gli ignudi.”

Pedro Calderón De La Barca (1600–1681) drammaturgo e religioso spagnolo

da Il Gran teatro del mondo; citato in Focus n. 73, p. 166

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