“[Sul marito] Sì, fino al 1942, aveva creduto in Hitler, e anche nella vittoria. Non per questo gli piaceva la guerra. Anzi, non credeva neppure potesse scoppiare nel settembre del 1939. Diceva sempre che la guerra non si poteva fare, perché la sua generazione l'aveva già provata, e chi c'è stato una volta sa che non è bella, ma stupida e brutale.
Credeva, fino al 1942, anche in Hitler; lo dicevamo in tanti che Hitler aveva un fascino straordinario, proprio qualcosa come l'ipnotismo, una forza alla quale non si resiste. Poi, in Francia, incontrò un generale, che gli parlò delle stragi degli ebrei; il generale le aveva viste proprio con i suoi occhi, ma noi, anche se pare impossibile, non ne sapevamo nulla. Mio marito capì che era finita, e lo disse anche a Hitler; capì che Hitler era un pazzo furioso. Disse a Hitler: "Mio Führer, io farei gli ebrei Gauleiter, tutti i Gauleiter dovrebbero essere ebrei". Chi ci perdonerà, pensava, per le nostre colpe, le nostre vergogne? "Mio Führer", disse anche, "aiutiamoli perché trovino in Palestina una patria".
"Palestina?"”

—  Lucie Rommel

sorrise Hitler. "Ma scherza? Troppo vicini. Dovrebbero andare almeno in Madagascar".
Origine: Dall'intervista in Enzo Biagi, Testimone del tempo, SEI, Torino, 1971, pp. 222-223.

Estratto da Wikiquote. Ultimo aggiornamento 21 Maggio 2020. Storia

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Variante: Sono tutt'ora l'Hitler contemporaneo. Questo Hitler ha solo un'obbiettivo: giustizia per il suo popolo, sovranità per il suo popolo, riconoscimento dell'indipendenza del suo popolo, e il diritto alle sue risorse. Se questo significa essere un'Hitler, allora permettetemi d'essere un Hitler decuplicato.

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