“La porta del suo armadio è socchiusa; vedo mensole cariche di jeans scoloriti e camicie con il colletto abbottonato che dondolano. La normalità di tutto ciò quasi mi uccide. Persino in un mondo capovolto, un mondo di guerra e follia, la gente appende i vestiti; piega i pantaloni; si rifà il letto.
È l'unico modo.”

—  Lauren Oliver , libro Chaos

Origine: Chaos, p. 288

Estratto da Wikiquote. Ultimo aggiornamento 04 Giugno 2020. Storia
Lauren Oliver photo
Lauren Oliver 33
scrittrice statunitense 1982

Citazioni simili

Enzo Biagi photo
Gabriel García Márquez photo
Françoise Sagan photo

“Ho amato fino alla follia, ma ciò che gli altri chiamano follia per me è l' unico modo di amare.”

Françoise Sagan (1935–2004) scrittrice francese

citato in Corriere della sera, 25 settembre 2004

Ernest Hemingway photo
Gary Cooper photo
Omar Bradley photo
Johnny Depp photo
Gianna Nannini photo

“A quale piega dei miei jeans | a quale bacio hai detto si? | Nella tua bocca, in un angolo | è la che mi sveglierò.”

Gianna Nannini (1954) cantautrice e musicista italiana

da Voglio fare l'amore
Malafemmina

Barbara d'Urso photo

“La disperazione è follia. La follia, la percezione della impossibilità di vivere: esserci, ma come non esserci. La disperazione come esperienza di follia è incompatibile con la vita. Vede morte, progetta morte e ammazza sé e l'altro. La disperazione è una follia possibile all'uomo, a tutti gli uomini; è anzi una prospettiva dell'uomo, si lega al suo bisogno di stare con l'altro, al fatto che da solo non può vivere, perché la vita umana non è solitudine ma condivisione, appartenenza, attaccamento. L'uccidere è un attimo di disperazione infinito e insanabile, e allora il mondo appare inutile e dannoso e un individuo si percepisce come irriducibile al mondo, come un alieno, come un alienato. Un sentimento umano, possibile, compatibile alla normalità. L'ammazzare si lega alla follia della normalità, a quella capacità dell'uomo che, se entrato in crisi, invece che aiutarlo a vivere lo trasformano in morte e lo spingono ad uccidere e rovinarsi, uccidersi. Diversa è la follia dal punto di vista clinico, ma anche da quello giuridico (l'incapacità di intendere e di volere: un'infermità che è sopravvenuta impedendo alla macchina umana di funzionare). Io vedo la follia come un meccanismo che ricalca quello della disperazione, della sensazione di fine: l'incomprensibilità del mondo, il tirarsene fuori. Stare ancora sul pianeta senza saperlo. Vicino agli altri senza aver bisogno dell'altro. Perdendo persino il ricordo delle parole e del loro significato, rinunciando a comunicare. La schizofrenia ne è un esempio straordinario: essere nel mondo come il mondo finisse e come se l'essere non avesse alcun senso, poiché ogni significato si pone in una relazione. Lo schizofrenico è un'isola, una monade chiusa in una cella dell'esistere, in una prigione del mondo. In isolamento perché così può ancora respirare. La vita che più si avvicina alla morte. Insomma, la follia ha già a che fare con la morte, anche se non nella sua rappresentazione corporea, bensì in quella psicologica, la personalità, e in quella sociale, le relazioni. Vi sono tre morti: quella del corpo, la più emblematica e assoluta, quella psicologica, che permette al corpo di essere ancora attivo e di rivestirsi persino di eleganza, e poi la morte sociale: privati di ogni dimensione, come se fossimo diventati trasparenti e, pur dentro una moltitudine, nessuno ci vedesse. Il folle è un morto che cammina e che respira. Se uccide lo fa senza disperazione, forse per stizza, è un cadavere che uccide. La follia ha già superato la disperazione e per questo vive senza vivere, vive da morta e, se uccide, uccide già morta.”

Vittorino Andreoli (1940) psichiatra e scrittore italiano

da Il lato oscuro, Rizzoli, 2002

Argomenti correlati