“Infatti, le azioni possibili di Albertine avvenivano dentro di me. Di tutti gli esseri che conosciamo, noi possediamo un doppio. Ma, situato di solito all'orizzonte della nostra immaginazione, della nostra memoria, esso rimane relativamente al di fuori di noi, e ciò che ha fatto o potuto fare non comporta per noi più elementi dolorosi d'un oggetto, posto a una cera distanza, che ci procuri soltanto le sensazioni indolori della vista. Quel che colpisce tali esseri, lo percepiamo in modo contemplativo, possiamo deplorarlo in termini appropriati che diano agli altri l'idea del nostro buon cuore, ma non lo sentiamo. Dopo la mia ferita di Balbec, invece, era nel mio cuore, a grande profondità, difficile da estrarre, che si trovava il doppio di Albertine.”

pp. 1811 sg.

Ultimo aggiornamento 21 Maggio 2020. Storia
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Marcel Proust 209
scrittore, saggista e critico letterario francese 1871–1922

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“Certo un oggetto può piacere anche per se stesso, per la diversità delle sensazioni gradevoli che ci suscita in una percezione armoniosa; ma ben più spesso il piacere che un oggetto ti procura non si trova nell'oggetto per se medesimo. La fantasia lo abbellisce cingendolo e quasi irraggiandolo d'immagini care. Né noi lo percepiamo più qual esso è, ma così, quasi animato dalle immagini che suscita in noi o che le nostre abitudini vi associano. Nell'oggetto, insomma, noi amiamo quel che vi mettiamo di noi, l'accordo, l'armonia che stabiliamo tra esso e noi, l'anima che esso acquista per noi soltanto e che è formata dai nostri ricordi.”

Luigi Pirandello (1867–1936) drammaturgo, scrittore e poeta italiano premio Nobel per la Letteratura nel 1934

Cap IX
Variante: Ogni oggetto in noi suol trasformarsi secondo le immagini ch’esso evoca e aggruppa, per così dire, attorno a sé. Certo un oggetto può piacere anche per se stesso, per la diversità delle sensazioni gradevoli che ci suscita in una percezione armoniosa; ma ben più spesso il piacere che un oggetto ci procura non si trova nell’oggetto per sé medesimo. La fantasia lo abbellisce cingendolo e quasi irraggiandolo d’immagini care. Né noi lo percepiamo più qual esso è, ma così, quasi animato dalle immagini che suscita in noi o che le nostre abitudini vi associano. Nell’oggetto, insomma, noi amiamo quel che vi mettiamo di noi, l’accordo, l’armonia che stabiliamo tra esso e noi, l’anima che esso acquista per noi soltanto e che è formata dai nostri ricordi.

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