“Il telescopio completò la sua inclinazione, ribaltandomi al punto che mi trovai a faccia in giù, e vidi su cosa davano i portelli aperti, su cosa stavo penzolando.

C’era lava sotto di noi, un cratere pieno, arancio e rosso ardenti, e nella lava c’erano donne, che tendevano le dita per toccare il metallo del telescopio, premendoci contro le unghie.

Vidi le radici incandescenti del mondo, e il modo in cui le donne ci si erano aggrovigliate, le bocche aperte, un mormorio assordante come il vento che sradica gli alberi. Vidi la moglie del signor Loury, la sua versione in pellicola Kodachrome, la pelle bianca e i capelli luminosi, gli occhi grandi e bistrati dalle ciglia finte. Mancavano gli occhiali da sole che portava sempre. Era nuda, le lunghe braccia attaccate con ferocia e coperte di vesciche, le costole scarne e le anche sporgenti. Vieni qui, disse, muovendo le labbra senza produrre suono, e il suo rossetto era perfetto. Altre madri erano lì, e le conoscevo.

Ero stata ai loro funerali ed ero andata a scuola con i loro figli abbandonati. Avevo visto le X dove loro non c’erano. Vidi tutte le donne morte al centro della terra, e poi le vidi tendere le braccia verso l’alto dove io penzolavo.

Vidi la mia terza madre, e lei vide me.”

Year's Best Weird Fiction, Volume One

Ultimo aggiornamento 22 Maggio 2020. Storia

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“Sottili fili di acciaio, avvolti intorno a quella stessa sorta di viti di legno che negli strumenti musicali servono a tender le corde, tenevano aperte le labbra di quelle orrende ferite: si vedeva il cuore nudo pulsare, i polmoni dalle venature dei bronchi simili a rami d'albero, gonfiarsi proprio come fa la chioma di un albero nel respiro del vento, il rosso, lucido fegato contrarsi adagio adagio, lievi fremiti correre sulla polpa bianca e rosea del cervello come in uno specchio appannato, il groviglio degli intestini districarsi pigro come un nodo di serpi all'uscir dal letargo. E non un gemito usciva dalle bocche socchiuse dei cani crocifissi. […] A un tratto, vidi Febo. Era disteso sul dorso, il ventre aperto, una sonda immersa nel fegato. Mi guardava fisso, e gli occhi aveva pieno di lacrime. Aveva nello sguardo una meravigliosa dolcezza. Non mandava un gemito, respirava lievemente, con la bocca socchiusa, scosso da un tremito orribile. Mi guardava fisso, e un dolore atroce mi scavava il petto. "Febo" dissi a voce bassa. E Febo mi guardava con una meravigliosa dolcezza negli occhi. Io vidi Cristo in lui, vidi Cristo in lui crocifisso, vidi Cristo che mi guardava con gli occhi pieni di una dolcezza meravigliosa. "Febo" dissi a voce bassa, curvandomi su di lui, accarezzandogli la fronte. Febo mi baciò la mano, e non emise un gemito. Il medico mi si avvicinò, mi toccò il braccio: "Non potrei interrompere l'esperienza", disse, "è proibito. Ma per voi… Gli farò una puntura. Non soffrirà". […] Anche gli altri cani, distesi sul dorso nelle loro culle, mi guardavano fisso, tutti avevano negli occhi una dolcezza meravigliosa, e non il più lieve gemito usciva delle loro bocche. A un tratto un grido di spavento mi ruppe il petto: "Perché questo silenzio?", gridai, "che è questo silenzio?"”

Era un silenzio orribile. Un silenzio immenso, gelido, morto, un silenzio di neve. Il medico mi si avvicinò con una siringa in mano: "Prima di operarli", disse, "gli tagliamo le corde vocali".
La pelle, Il vento nero

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“La luna depone un uovo nei telescopi che la guardano a lungo.”

Ramón Gómez De La Serna (1888–1963) scrittore e aforista spagnolo

Origine: Mille e una greguería, Greguería‎s‎, p. 27

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