Capitolo IX – I secoli francesi, pp. 226-27
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“È vera, e in che senso, l'espressione vulgata che chiama Dante «padre della lingua italiana» o l'altra, un po' meno forte, ma non meno onorevole, per cui il Petrarca lo chiamò (Sen., V, 2) dux nostri eloquii vulgaris?
[…] ove si intenda «lingua» nel senso di «lingua capace di tutti gli usi letterari e civili», è indiscutibile che a Dante spettano i meriti di un demiurgo. Prima di lui alla preponderanza schiacciante del latino, e all'uso occasionale delle due lingue di Francia [lingua d'oc e lingua d'oïl], letterariamente insigni, non si contrapponevano che dialetti in via di dirozzamento, e tentativi sporadici di assurgere all'arte e alla bellezza. Tutta l'opera di Dante ha una «carica» spirituale nuova e potente, che in breve tempo opera un rivolgimento nell'opinione pubblica in Toscana e fuori, e fa d'un balzo assurgere l'italiano al livello di grande lingua, capace di alta poesia e di speculazioni filosofiche.”
V. Dante, 1. Dante «padre della lingua», p. 167
Storia della lingua italiana
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Argomenti
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linguista, filologo e esperantista italiano 1896–1975Citazioni simili

Origine: Ricordanze della mia vita, p. 28

“Vogliamo essere europei di lingua italiana, piuttosto che italiani di lingua toscana.”

VI. Il Trecento, 7. Petrarca, p. 190
Storia della lingua italiana