“Questo piccolo paese, tra i più poveri del mondo, possiede un esercito di centomila giovani, relativamente colti, dei quali non sa che fare. Il paese non ha industrie, l'agricoltura è in abbandono, le città in rovina, le strade distrutte. Centomila soldati si svegliano ogni mattina senza saper che fare, e soprattutto senza niente da mangiare. Ma la sorte dei loro colleghi e fratelli in borghese non è molto diversa. Basta girare per Asmara all'ora di pranzo. I funzionari delle poche istituzioni esistenti in uno stato così giovane vanno a mangiare un boccone nei bar e nei ristoranti del quartiere. Ma le folle dei giovani non sanno dove andare: non lavorano, non hanno un soldo. Girano, guardano le vetrine, sostano agli angoli delle strade, siedendo sulle panchine oziosi e affamati.”

Origine: Ebano, pp. 266-267

Estratto da Wikiquote. Ultimo aggiornamento 04 Giugno 2020. Storia

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“Non c'è cena o pranzo o soddisfazione del mondo, | che valga una camminata senza fine per le strade povere, | dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.”

Pier Paolo Pasolini (1922–1975) poeta, giornalista, regista, sceneggiatore, attore, paroliere e scrittore italiano

da Versi del testamento, vv. 44-46; 1997, p. 159
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“Sì, abbiamo sconfitto gli Stati Uniti. Ma adesso siamo perseguitati da molti problemi. Non abbiamo da mangiare. Siamo un paese povero, sottosviluppato. Fare una guerra è facile, ma governare un paese è difficile.”

Phạm Văn Đồng (1906–2000) politico vietnamita

Origine: Citato in Stanley Karnow, Storia della guerra del Vietnam, traduzione di Piero Bairati, Rizzoli editore, Milano, 1985, p. 23

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“Mio padre diceva che è brutto essere poveri, perché non si può studiare, e senza studiare non si può fare strada.”

Enrico Mattei (1906–1962) imprenditore e politico italiano

Origine: Dal discorso per la laurea honoris causa conferitagli a Camerino, 1960; citato in Giorgio Galli, La sfida perduta: biografia politica di Enrico Mattei, Bompiani, 1976.

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“Da centomila anni sto guardando | quello che ora soltanto vedo. | Dunque è un attimo tutto il tempo | che centomila avi in me stanno guardando. || Quello che non videro, intenti a zappare, | a ubbidire, uccidere, ad amare, | e quello che vedono, giù nella materia, | più a fondo di me – bisogna confessarlo. || Ci conosciamo, noi, come la gioia il dolore. | Io possiedo il passato, essi il presente. | Scriviamo versi – mi guidano la penna. | Ricordo, e in me li sento.”

Attila József (1905–1937) poeta ungherese

da Presso il Danubio
Origine: In I. Mészáros, A. J. e l'arte moderna, Lerici 1964, citato in Lunario dei giorni di quiete. 365 giorni di letture esemplari, a cura di Guido Davico Bonino, prefazione di Claudio Magris, Einaudi, Torino, 1997, p. 167, traduzione di Guido Davico Bonino. ISBN 8806147234

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