“A questo proposito voglio ricordare che Tommaso d'Aquino, commentando Paolo di Tarso, dice che la fede, a differenza della scienza espressa dalla ragione umana conduce in captivitatem omnem intellectum, cioè rende l'intelletto prigioniero di un contenuto che non è evidente, e che quindi gli è estraneo (alienus), sicché l'intelletto è inquieto (nondum est quietatus) di fronte alla scienza, nei cui confronti si sente «in infirmitate et timore et tremore multo». Dov'è finita questa prudenza tomista che non concede di identificare immediatamente la fede con la verità? E se i cattolici sono già in possesso della verità che senso ha per loro studiare e insegnare filosofia se la verità che la filosofia si propone di cercare già la possiedono? Cosa rispondono ad Heidegger là dove scrive che quando la filosofia è accompagnata da un aggettivo, come è il caso di una "filosofia cristiana" ci si trova di fronte a un circolo quadrato o, come vuole l'espressione di Heidegger a un "ferro ligneo?"”

E infine che tipo di dialogo è possibile con un cristiano, se questi è già convinto di possedere la verità?
la Repubblica

Estratto da Wikiquote. Ultimo aggiornamento 21 Maggio 2020. Storia

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“Regnano i sensi, et la ragion è morta.”

Voglia mi sprona, Amor mi guida et scorge
Canzoniere

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“Venuta la sera, mi ritorno in casa, et entro nel mio scrittoio; et in su l'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango, et di loto, et mi metto panni reali et curiali; et rivestito condecentemente entro nelle antique corti degli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo, che solum è mio, et che io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro, et domandarli della ragione delle loro actioni; et quelli per loro humanità mi rispondono; et non sento per 4 hore di tempo alcuna noia, sdimenticho ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte; tucto mi transferisco in loro.”

Niccolo Machiavelli (1469–1527) politico, scrittore, storico italiano

da Lettera a Francesco Vettori, Firenze, 10 dicembre 1513, in Tutte le opere, a c. di M. Martelli, Firenze, Sansoni, 1971; citato in Classici italiani http://www.classicitaliani.it/machiav/mac64_let_05.htm
Variante: Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch'io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.

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