“Nei primi tempi, ogni volta che ponevo una domanda, una luce di divertito stupore si accendeva nei suoi occhi grigi che avevano un riflesso inesprimibile di spirito, di finezza e di bontà. Poi seguiva la risposta.
— È curioso vedere quanto spesso gli uomini non comprendano le cose più semplici.
— Io mi spiego questo fenomeno così — rispose il Maestro. — Hanno il loro recipiente pieno o è adagiato su un lato, oppure ha il fondo all'aria, di modo che è impossibile versarvi alcunché; in simili casi la cosa migliore è allontanarsi.
— Leone Nicolaevič, che cos'è la follia? — Posi la domanda a bruciapelo, senza nessuna introduzione. La piccola luce di stupore malizioso divenne più forte del solito.
— Io, io ce l'ho… la spiegazione… la mia… — Sottolineò «io ce l'ho» e «la mia», poi si fermò. Accompagnate dal piccolo fuoco aggressivo degli occhi scintillanti, le sue interiezioni erano piene di senso […]. Sottolineava «mia» e ciò significava: «Come sempre sono in opposizione con l'opinione generale, ma questo è il risultato della mia analisi.» […] seguì la risposta:
— È l'egoismo. La concentrazione dell'attenzione su se stessi e poi su un'idea qualsiasi.”

pp. 109-110

Ultimo aggiornamento 21 Maggio 2020. Storia

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“È curioso a vedere, che gli uomini di molto merito hanno sempre le maniere semplici, e che sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco merito.”

Giacomo Leopardi (1798–1837) poeta, filosofo e scrittore italiano

4524, Firenze, 31 maggio 1831; 1898, Vol. VII, p. 461
Variante: E' curioso a vedere che quasi tutti gli uomini che valgono molto hanno le maniere semplici; e che quasi sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco valore.

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“È la consapevolezza riflessa (vimarśa) che è l'essenza della luce (prakāśa); la luce, altrimenti, 'pur colorata' dai riflessi dell'oggetto, sarebbe simile a un inseziente cristallo.”

Utpaladeva (900–950) filosofo indiano

I.5.11
Īśvarapratyabhijñākārikā
Origine: Citato nell'introduzione a Vasugupta, Gli aforismi di Śiva, con il commento di Kṣemarāja, a cura e traduzione di Raffaele Torella, Mimesis, 1999, p. 28.

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