“Sulla vita […] è un testo difficile, lento – e non soltanto per la complessità dell'argomento, ma proprio per la qualità, la tormentata qualità della sua prosa. Ampie parti di esso appaiono come territori paludosi, in cui si fatica a procedere, ci si impantana, e in cui càpita al lettore di vedersi scomparire del tutto la strada di sotto i piedi, per poi vederla riemergere soltanto qualche pagina dopo: con la spiacevole sensazione che ciò che riemerge sia un tratto già percorso, o magari che il tratto principale sia rimasto indietro chissà dove. Si va lenti, si aggrottano le sopracciglia, ci si ferma per fare il punto e si prosegue perplessi. Si stenta a credere che per un anno intero un Tolstòj entusiasta e nel pieno delle sue energie intellettuali, abbia lavorato intensamente ed esclusivamente a queste pagine, e vien quasi voglia di giustificare il tetro arcivescovo Nikanòr […]. È vero, di sofismi ce n'è eccome – anche se non quelli che molto probabilmente intendeva Nikanòr, il quale, da buon prete, doveva ritener sofistici tutti i riferimenti al Vangelo non fondati sull'interpretazione consueta, dogmatica, di esso.”

—  Igor Sibaldi

da Introduzione, in Della vita, Oscar saggi Mondadori, Milano, 1991, pp. 11-12. ISBN 88-04-34731-7

Estratto da Wikiquote. Ultimo aggiornamento 21 Maggio 2020. Storia

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da Les Dieux s'en vont, d'Annunzio reste, Corriere della sera, febbraio 1907; p. 51
Citato in Giordano Bruno Guerri, Filippo Tommaso Marinetti

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