Frasi su ardore
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“Sainte-Beuve. Piccolo, gonfio, ingiallito e accademico.
Critico, da molti anni, al Constitutionel.
Ha pubblicato versi che non mancano di poesia. Si è rimproverato a Sainte-Beuve, e a ragione, la sua prolissità e la sua monotonia; e tuttavia i suoi articoli sono ben fatti, ben scritti, ma ci si annoia di questa musica sempre carezzevole.
Sainte Beuve non si emoziona; professa – come San Paolo – che bisogna essere virtuosi sobriamente; a che scopo i grandi entusiasmi vigorosi e i divini ardori per il bene? È necessaria la virtù, non troppa ne serve, dice la canzone, abbiatene dunque solo la dose necessaria per essere senatore e accademico, aggiunge Sainte-Beuve.

Un cacciatore che ritornava a mani vuote scorge un contadino sdraiato al margine di uno stagno in cui nuotavano una ventina di rane domestiche.
Cinque franchi per te gli dice, se vuoi lasciarmi sparare sulle anatre.
E sia, risponde il contadino.
Il cacciatore tira e abbatte tre anatre.
Vuoi ricominciare, dice?
Di nuovo.
Questa volta uccide due anatre.
Il gioco si ripete due volte ancora. Il contadino, sempre sdraiato aveva ricevuto venti franchi; il cacciatore, che aveva ucciso undici anatre, gli dice allora:
Continuerei volentieri, ma non te ne resterebbero più.
–Oh, risponde il contadino, per me è lo stesso, non sono mie. Il Sig. Sainte-Beuve somiglia a quel contadino; è uno dei più amabili egoisti di Parigi, uno di quelli di cui Chamfort, credo, ha dettoche brucerebbero la vostra casa per farsi cuocere un uovo.”

Eugène Vermersch (1845–1878) poeta e giornalista francese

Les Hommes du jour

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“Tradigione

Riversa sul pavimento di marmo di marquina, lei in cuor suo era consapevole del dolore sordo che la stava lacerando l’interno del nocciolo del suo essere, così profondo e delicato quanto immenso da perdersi dentro volutamente, e con gli occhi gonfi bagnati dalle copiose lacrime che le rigavano le rosse gote inflitte dal dolore angoscioso, fulminó rapidamente con lo sguardo respirando a fatica col petto stretto nella nella morsa del duolo, quella foto che ritraeva chi fino ad un’ora prima rappresentava tutto il suo mondo. Maledicendo quell’immagine sgualcita dal calore delle sue mani infuocate dalla rabbia, e dal freddo sudore che il suo corpo emanava tremando come se il suolo fosse colto da una scossa tellurica lasciando vibrare tutto ciò che vi era sovrapposto. Strappò con violenza incontrollata quell’immagine come se volesse sfregiare il ricordo di quello che fu origine in lei di tanto amore, per poi riversarlo in chi sapeva concepire dentro di sé quelle emozioni senza eguali, per effondere il cuore di chi la sapeva ancora far sgorgare acqua d’amore che nasceva spontanea da un profondo intaglio in una cresta fatta di cuore, affinché il suo corso di sentimento che dissetava la sua anima s’immettesse nel mar profondo bruciante d’ardore, abbracciando e inebriando in ogni parte il suo amato. Ma ormai consumato e prosciugato dalla delusione di un tradigione compiuto senza rimorso, quell’oceano di passione si trasformava in un vuoto di animosità che pacatamente colmerà con nuovi impulsi inclini alla fiducia verso qualcuno, ed ora non vi era intorno a lei che una fievole speranza nell’oscurità dei suoi triboli, di riuscire ad accartocciare tutto il suo corruccio per rialzarsi lentamente raccogliendo la sua dignità per farne perno per il suo invigorire interiore. Affidó il suo cuore al tempo affinché cura vi possa trovare nelle sue sagge braccia, per ottener sollievo da quel lamento disperso sotto le ali della solitudine, per amore.

©LAURA LAPIETRA”

“Lemma D'amore
Lascio che sia il cuore
a scrivere le parole dell’anima.
Lascio che siano
le emozioni a dare colore
a quello che sento,
mentre vivo ciò che affiora
nella mente mentre domina
il destino che creo
giorno dopo giorno
accanto a te
che sei l’unica ragione
di gioia nella vita mia.
Così, nella bellezza
della pura semplicità
delle parole prive
di tante espressioni
che rendono pacchiani
quei momenti luminosi
che sanno esprimere
autenticità di ardori
nella nostra vita.
Così, con quella melodia
nell’ aria dalla fragranza
del cuore che annebbia
il mio futuro segreto
nascosto dagli sguardi
che non saranno mai
così ansiosi di conoscerlo,
per non disperdere
col tempo presente
quella foga di perdersi
nel nostro ricercarci,
finché l’intensità
del nostro cuore
ci formi come un unica
fonte di particella
che plasma incessantemente
il nostro bene comune
la fiamma reciproca
del nostro amarci
per cui dedichiamo
anelito di vita in spasimo
insieme, sotto lo stesso tetto
per custodire con generosa gelosia
quel tesoro reso regno reale
che mai nessun anello d’oro
e promessa nuziale
potrà mai incatenare
nel terreno l’essenza del cuore,
poiché è più alto
l’estratto dell’anima in amore
di quel livello di dedizione
sottomessa all’affetto
tra le righe di carta,
poiché il volto della bramosia
non si mostra in nessun
altro modo all’infuori che,
viversi fedelmente
ogni istante senza
quel bisogno di costringersi
attraverso documenti sacri,
che un giorno potrebbero
cambiare viso e carte in tavola.
Lascia che siamo noi
a scrivere la nostra storia
attraverso le nostre parole
tradotte in emozioni!
Così, semplicemente
senza tante strofe
costruite a regola d’arte.
Così, nella delicata profondità
d’anima in cui si perde
il nostro inconfutabile amore.
E lascia che sia
così, come arriva
tra il bene e il male
tra malattia e salute
nella prosperità e povertà.
Così, come arriva
per proiettarsi nel vortice
delle sue innumerevoli prove,
ma insieme,
nello stesso sentiero
con lo stesso cuore
che pulsa per noi
nella nostra unica vita,
insieme ma
da sposati nel cuore.”

“Amanti Noi

Lene il suo giuncare
la mia pelle
con le sue trepidazioni
come drappi di luce d'estasi
sparsi dappertutto su di me
a tinteggiarmi d'ambra,
oro pregiato per i suoi occhi
all'imbrunire della sera!
E una florida carezza madreperlacea
su cui adagiare il suo cuore
accanto al mio
cinse l'incanto che
il tempo sprigionava
senza una clessidra
a suggerirci una fine!
Flamine era l'immensità
della voce del suo sguardo
quando mi parlava
a suon di liuto al chiarore
delle stelle nascenti nell'indaco
di quel turbamento
che desiderava agghindarmi
di sol di porpora
e coralli da accostare
tra i petali di rose e i diamanti con cui adularmi
in quei suoi baci d'amore, brillantini sulle mie labbra timide nella bramosia!
Ove far scivolare
ogni desiderio
delicato quanto profondo
in fondo alla mia anima
come gocce di glicine
in grappoli penduli
ad addolcire i miei occhi,
per dissetare i miei sensi rapiti dal suo culto imperante!
E come farfalle bianche
che si librano in ogni direzione nel mio essere
ammaliato in quell'incontro
sublime in piena di letizia
e di sussulti in quei sussurri
luminosi e incandescenti
vibravo armoniosamente, mentre pervadevano
nelle nostre sensazioni
e nelle nostre parole
quelle non dette,
ma dettate dalle nostre mani
intrecciate pronte
per accogliere e allacciare
un unico abbraccio eterno
ove fermare il tempo,
il dolce sentire
delle nostre pelli,
I nostri corpi recitare poemi
intrisi di passione
nella danza della dolce voluttà!
Amanti noi…
In una notte già vissuta,
cadde una stella,
sotto lo sguardo pallido
della luna piena di miele,
un desiderio in
un unico destino,
nasce l'amore etereo nell'eterna atmosfera!
E quella fresca folata
di venticello che disegnava
le nostre pelli scoperte
senza arrossire al pudore,
adagiate sulla calda
terra della natura
sotto le folte chiome
degli antichi ulivi,
mi spogliava dai
miei ultimi petali multicolori
di quei fiori che coltivavi
unicamente per me,
affinché il tuo calore d'amore
mi coprisse il cuore
fin quando l'alba
non ci guardasse
sorpresa coi suoi
primi raggi di sole
alla luce di questo mondo
non giudicandoci
amanti segreti di un ardore,
che si consuma
con l'eccitazione
di una piccola eternità
in un momento fra tanti
che decanta
passione al firmamento,
ma semplicemente chiamandoci urlandoci,
Amore! E non…
Amanti noi
in questo nostro amore,
un amore che vive e
che ama solo per amore!”

“Oltretutto Oltremondo

E mi manchi ancora
carezza d'estate
di seta a fiori variopinti
di sussulti e bisbigli d'amore sulla mia rosea bocca
orfana di rugiada
del tuo ardore,
orfana di alacrità
nelle tue movenze,
orfana di quei fondali
nei tuoi occhi colmi
di buriana tinta di porpora,
vento caldo che incendia
il dolce miele
sulla pallida pelle mia
arsa di candore!
Ma il rancore
è un sandolino acredine
che mi porta in alto mare come vogatore vagabondo,
e possiedo un solo remo disuso arrugginito
di salsedine lacrime,
di quei sentimenti crisoberilli
da disperdere
nell'infinito azzurro
dove non puoi sentire
le urla disperate
dei miei lamenti,
non puoi percepire
quanto soffro la tua assenza, non puoi immaginare
quanto mi manchi ancora, oltre la tetra fine
di un tramonto dipinto
col guanto senza indulgenza sul cencio insensato
del nostro fato!
Oh no, caro amor
che il seno del mio livore
ho coperto di timide illusioni tra le frecce ammorbate d'ira. Oh no caro amore mio
non te lo dirò mai più
che ti amo ancor più del sole quando illumina
tutte le sue stelle
per farle sfavillare
al suo sguardo,
come le mie rosse gote
al tuo tenero sguardo
di predilezione!
E mi lascio perdere così,
tra scontrosi fluttui
e forse un'altra onda
mi travolgerà inghiottendomi nelle sue viscere
per assaporare la consistenza del mio essere
come hai fatto tu,
dopo aver rubato lene
a corde di arpa
e canto di musa
le perle della mia gioia
di cui mi cibavo per amarti! Oltremodo, oltretutto, oltremondo.

©Laura Lapietra”