Alexandre Koyré: Fisico

Alexandre Koyré era storico della scienza e filosofo francese. Esplorare le virgolette interessanti su fisico.
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“Non si possono isolare i fenomeni. Non si può dunque fare della fisica «astratta», come quella di Galileo. L'astrazione che trascura le complicazioni del caso concreto, reale, è completamente legittima nel mondo di Galileo: un mondo archimedeo. Essa gli permette di dedurre il caso semplice, il caso ideale, partendo dal quale è in condizione di spiegare il caso concreto e complesso. Ma Descartes non può fare che una fisica concreta. L'astrazione galileiana non lo condurrebbe al caso semplice: essa lo condurrebbe piuttosto al caso impensabile. Per fare qualcosa di analogo a ciò che fa Galileo, avrebbe dovuto prendere in esame non il caso semplice, ma il caso generale. E ciò, lo studio del movimento di un corpo all'interno di un liquido perfetto, è di gran lunga superiore ai suoi mezzi matematici. Descartes lo conferma affermando che oltrepassa le possibilità della conoscenza umana. Lo studio sperimentale è ugualmente impossibile. Come misurare, infatti, il dato principale del problema, la velocità del movimento della materia sottile?
In tal modo, cosa infinitamente curiosa, Descartes, che non era riuscito a dedurre l'esatta legge della caduta perché non aveva capito la nuova concezione del movimento che gli proponeva Beeckman, e che non aveva saputo far coincidere lo studio fisico (causale) del fenomeno della caduta con la sua analisi matematica, rinuncia proprio nel momento in cui, avendo chiarito appieno l'idea del movimento, arriva a formulare il principio fondamentale della scienza moderna, il principio d'inerzia! Il fatto è che, anche in questo caso, egli non ha saputo mantenersi nei giusti limiti: identificando l'estensione e la materia, ha sostituito alla fisica la geometria. Ancora una volta dunque, geometrizzazione a oltranza. Soppressione del tempo. È la ragione per cui la fisica delle idee evidenti, la fisica che costituí una rivincita di Platone, si conclude con una sconfitta. Una sconfitta analoga a quella di Platone.”

cap. II, 2, pp. 135 sg.
Studi galileiani

“Orbene, è proprio quello che Galileo non fa. E non può fare, perché egli – per esprimerci in termini moderni – confonde la gravità con la massa. Ed è per questo che la gravità, per lui, non è una «forza» che agisce sul corpo, ma è qualcosa di cui il corpo è «dotato», qualcosa che appartiene al corpo stesso. In tal modo essa non subisce nessuna variazione né nel tempo, né nello spazio. Galileo può ben – seguendo Archimede – astrarre, o far astrazione, della realtà e trascurare la direzione reale che prende la gravità sulla terra (cosa che, d'altra parte, gli rimprovereranno, unanimemente, Simplicio e Sagredo); può, per giustificare questo procedimento presentarci il suo mondo archimedei come una prima approssimazione (nella qual cosa ha ragione, e anche doppiamente ragione: la legge archimedea della caduta è un'approssimazione della legge reale, più complessa; e il mondo archimedeo è, partendo dal mondo geometrico, una prima approssimazione del mondo fisico), ma non può spingere l'«astrazione» oltre, e ciò perché la gravità, come abbiamo visto tante e tante volte, è una proprietà costitutiva del corpo fisico.
La fisica di Galileo spiega ciò che è con ciò che non è. Descartes e Newton vanno piú lontano: le loro teorie fisiche spiegano ciò che è con ciò che non può essere; spiegano il. reale con l'impossibile. Galileo, abbiamo visto, non lo fa. Non gliene facciamo tuttavia una colpa. In realtà, questo impossibile, vale a dire il moto inerziale in linea retta, è in qualche modo meno impossibile per Newton o Descartes di quanto non lo sia per Galileo. O, se si preferisce, l'impossibilità di questo movimento non è la stessa. Non ha la stessa struttura.”

ibidem, p. 282 sg.
Studi galileiani

“È curioso constatare – ed insisto su questo punto, perché mi sembra di importanza capitale, e perché, pur essendo noto, non mi sembra abbastanza sottolineato – è curioso constatare l'indifferenza pressoché totale del mondo romano per la scienza e la filosofia. Il cittadino romano si interessa alle cose pratiche. L'agricoltura, l'architettura, l'arte della guerra, la politica, il diritto, la morale.
Ma si cerchi in tutta la letteratura latina classica un'opera scientifica degna di questo nome, e non si troverà; un'opera filosofica, ancor meno. Si troverà Plinio, cioè un insieme di aneddoti e racconti da comare; Seneca, cioè un'esposizione coscienziosa della morale e della fisica stoiche, adattate – il che significa semplificate – ad uso del pubblico romano; Cicerone, cioè i tentativi filosofici di un letterato dilettante; o Macrobio, un manuale di scuola elementare.
È veramente stupefacente, se vi si presta attenzione, che i Romani, non producendo nulla essi stessi, non abbiano nemmeno mai sentito il bisogno di procurarsi delle traduzioni. In effetti, al di fuori di due o tre dialoghi platonici (tra cui il Timeo) tradotti da Cicerone – trasduzione di cui non ci è pervenuto nulla – né Platone, né Aristotele, né Euclide, né Archimede sono mai stati tradotti in latino. Almeno nell'età classica. Perché se è vero che lOrganon di Aristotele e le Enneadi di Plotino lo furono, è parimenti vero che in fin dei conti ciò avvenne molto tardi e per opera di cristiani.”

Origine: Scritti su Spinoza e l'averroismo, pp. 63-64