Frasi di Herbert Marcuse

“Noi viviamo e moriamo in un mondo razionale e produttivo. Noi sappiamo che la distruzione è il prezzo del progresso, così come la morte è il prezzo della vita; che rinuncia e fatica sono condizioni necessarie del piacere e della gioia; che l'attività economica deve proseguire, e che le alternative sono utopiche. Questa ideologia appartiene all'apparato stabilito della società: è un requisito del suo regolare funzionamento, fa parte della sua razionalità.”

“Distruggete tutto ciò in cui avete creduto finora, buttate a mare tutto ciò che fino ad ieri rappresentava il basamento della vostra vita: vi sembrava granito e non era che pietra pomice, vi sembrava eterno ed è invece friabile e inutile.”

“Il «principio del piacere» assorbe il «il principio della realtà», la sessualità sembra venir liberata, mentre viene semplicemente liberalizzata ed amministrata come strumento di adattamento passivo dalla logica del sistema. Cadono gli stupidi arcaici tabù sul sesso in vigore presso società in preda alla scarsità, ma non per questo il sesso libera sé stesso trasfigurandosi in Eros.”

“Pensare è uno sforzo, credere un lusso. ”

“Vivere nella realtà significa per la società borghese avere soltanto piaceri limitati e differenti ed ottenere sicurezza in cambio d'infelicità e di continue inibizioni.”

“Nella filosofia greca classica, la Ragione è la facoltà cognitiva atta a distinguere ciò che è vero da ciò che è falso, nella misura in cui verità sono in primo luogo una condizione dell'Essere, della Realtà – e solo su questa base sono una proprietà di proposizioni. Il discorso vero, la logica, rivela ed esprime ciò che realmente è, in quanto distinto da ciò che appare (reale). In virtù di tale equazione tra Verità ed Essere (reale) la Verità è un valore, poiché Essere è meglio che Non-Essere.”

“Il "principio del piacere" assorbe il principio di realtà; la sessualità viene liberata in forme socialmente costruttive. Questa nozione implica che vi sono modi repressivi di de-sublimazione, a confronto dei quali gli impulsi e gli scopi sublimati contengono una maggior dose di deviazione, di libertà e di rifiuto di dar retta ai tabù sociali. Sembra che tale de-sublimazione repressiva operi davvero nella sfera sessuale, ed alla pari di quanto avviene nella de-sublimazione dell'alta cultura essa opera qui come sottoprodotto dei controlli sociali attivati dalla realtà tecnologica, che diffonde la libertà mentre intensifica il dominio. Il nesso tra de-sublimazione e società tecnologica può forse essere meglio illuminato se si esamina il mutamento avvenuto nell'uso sociale dell'energia istintuale.”

“Quel che sto cercando di dire è che la scienza, in virtù del suo metodo e dei suoi concetti, ha progettato e promosso un universo in cui il dominio della natura è rimasto legato al dominio dell'uomo – legame che rischia di essere fatale a questo universo intero. La Natura, scientificamente compresa e dominata, ricompare nell'apparato tecnico di produzione e distruzione che sostiene e migliora la vita degli individui nel mentre li assoggetta ai padroni dell'apparato. Così la gerarchia razionale si fonde con quella sociale. Se le cose stanno veramente così, allora un cambiamento in direzione progressista, tale da poter tagliare questo vincolo fatale, influirebbe anche sulla struttura propria della scienza, sul progetto scientifico. Le sue ipotesi, senza perdere nulla del loro carattere razionale, si svilupperebbero in un contesto sperimentale essenzialmente diverso (quello di un mondo pacificato); di conseguenza, la scienza giungerebbe a formulare concetti di natura essenzialmente diversi e a stabilire fatti essenzialmente differenti. La società razionale sovverte l'idea di Ragione.”

“Io sono consapevole, del tutto consapevole di far parte del sistema e cerco di cavarne il meglio possibile usando la libertà di cui dispongo per dare il mio contributo ad un miglioramento ed avanzamento dell'attuale situazione.”

“Non è l'ambito delle scelte aperte all'individuo il fattore decisivo nel determinate il grado della libertà umana, ma che cosa può essere scelto e che cosa è scelto dall'individuo.”

“C'è qualcosa di più nel nome astratto (bellezza, libertà) rispetto alle qualità (bello, libero) attribuite a persone, cose o condizioni particolari. L'universale sostantivo allude a qualità che sorpassano ogni esperienza particolare ma persistono nella mente, non come una finzione della immaginazione e neppure come possibilità più logiche, bensì come il materiale di cui consiste il nostro mondo.”

“Il termine totalitario, infatti, non si applica soltanto ad una organizzazione politica terroristica della società, ma anche ad una organizzazione economico-tecnica, non terroristica, che opera mediante la manipolazione dei bisogni da parte di interessi costituiti. Essa preclude per tal via l'emergere di una opposizione efficace contro l'insieme del sistema. Non soltanto una forma specifica di governo o di dominio partitico producono il totalitarismo, ma pure un sistema specifico di produzione e di distribuzione, sistema che può essere benissimo compatibile con un pluralismo di partiti, di giornali, di poteri controbilanciantisi ecc.”

“Questa descrizione ha precisamente quel carattere metafisico che l'analisi positivista desidera eliminare mediante traduzione, ma la traduzione elimina ciò che era da definire. Ci sono varie definizioni tecniche della bellezza in estetica, più o meno soddisfacenti, ma sembra essercene soltanto una che serba il contenuto di esperienza della bellezza ed è perciò la definizione meno esatta: la bellezza come promessa di felicità. Essa coglie il riferimento ad una condizione di uomini e di cose, a una relazione tra uomini e cose che si manifesta momentaneamente mentre svanisce, che compare in tante forme differenti quanti sono gli individui e che, nello svanire, manifesta ciò che può essere.”

“[Bob Dylan e Bertolt Brecht] Entrambi hanno un messaggio: mettere fine alle cose come sono. Perfino in assenza di un qualsiasi contesto politico, le loro opere evocano, per un fuggevole momento, l'immagine di un mondo liberato e il dolore di un mondo alienato.”

“In questa società l'apparato produttivo tende a diventare totalitario nella misura in cui determina non soltanto le occupazioni, le abilità è gli atteggiamenti socialmente richiesti, ma anche i bisogni e le aspirazioni individuali. In tal modo esso dissolve l'opposizione tra esistenza privata ed esistenza pubblica, tra i bisogni individuali e quelli sociali. La tecnologia serve per istituire nuove forme di controllo sociale e di coesione sociale, più efficaci e più piacevoli.”

“Il risultato è l'atrofia degli organi mentali necessari per afferrare contraddizioni ed alternative, e nella sola dimensione che rimane, quella della razionalità tecnologica, la "coscienza felice" giunge a prevalere. Essa riflette la credenza che il reale è razionale, e che il sistema stabilito, nonostante tutto, mantiene le promesse. Gli individui sono portati a scorgere nell'apparato produttivo l'agente effettivo del pensiero e dell'azione, a cui pensiero e dazione del singolo possono e debbono cedere il passo. Nel cambio, l'apparato assume pure il ruolo di un'agente morale. La coscienza è assolta dalla reificazione, dalla generale necessità delle cose.”

“Per prendere un altro esempio, il concetto filosofico uomo allude alle facoltà umane pienamente sviluppate che lo distinguono, e che appaiono come possibilità realizzabili a partire dalle condizioni in cui gli uomini vivono realmente. Il concetto esprime le qualità che sono considerate tipicamente umane. La frase imprecisa può servire a spiegare l'ambiguità di simili definizioni filosofiche; vale a dire, esse riuniscono le qualità che appartengono a tutti gli uomini in contrasto con altri esseri viventi, e che, al tempo stesso, sono rivendicate come la più adeguata o la più alta realizzazione dell'uomo.”

“È solo a favore dei senza speranza che ci è stata data la speranza.”

“Il Nemico è il denominatore comune di tutto ciò che si fa e non si fa. Ed esso non si identifica con il comunismo o il capitalismo quali sono in realtà; nei confronti dell'uno come dell'altro, il Nemico è lo spettro reale della liberazione.”

“Nove decimi di tutti i critici letterari andrebbero impiccati. ”

“Ripeto: la follia del tutto giustifica le follie particolari e trasforma i delitti contro l'umanità in un'impresa razionale. Quando il popolo, stimolato ad arte dalle autorità pubbliche e private, si prepara a vivere in regime di mobilitazione generale, esso mostra d'esser ragionevole non soltanto a causa della presenza del Nemico, ma pure a causa delle possibilità di investimento e d'occupazione offerte dall'industria e dalle attività di divertimento. Anche i calcoli più folli appaiono razionali: annientare cinque milioni di persone è preferibile che non annientarne dieci milioni, o venti, e così via. È futile obbiettare che una civiltà che giustifica la propria difesa con un calcolo del genere proclama la propria fine.”

“Nella misura in cui la sociologia e psicologia operative hanno contribuito ad alleviare condizioni sub-umane, esse fanno parte del progresso intellettuale e materiale. Ma esse testimoniano pure della razionalità ambivalente del progresso, che soddisfa nel mentre esercita il suo potere repressivo, e reprime nel mentre soddisfa.”

“Il centro culturale sta diventando parte integrante del centro commerciale.”

“The truth of art lies in its power to break the monopoly of established reality to define what is real.”

“Not every problem someone has with his girlfriend is necessarily due to the capitalist mode of production.”

“Nobody really thinks who does not abstract from that which is given, who does not relate the facts to the factors which have made them, who does not — in his mind — undo the facts. Abstractness is the very life of thought, the token of its authenticity.”

“Non-operational ideas are non-behavioral and subversive. The movement of thought is stopped at barriers which appear as the limits of Reason itself.”

“Ideas, aspirations, and objectives that, by their content, transcend the established universe of discourse and action are either repelled or reduced to terms of this universe.”

“The way in which a society organizes the life of its members … is one “project” of realization among others. But once the project has become operative in the basic institutions and relations, it tends to become exclusive and to determine the development of the society as a whole.”

“The contemporary mathematical and symbolic logic is certainly very different from its classical predecessor, but they share the radical opposition to dialectical logic. In terms of this opposition, the old and the new formal logic express the same mode of thought. it is purged from that “negative” which loomed so large at the origins of logic and of philosophic thought — the experience of the denying, deceptive, falsifying power of the established reality. And with the elimination of this experience, the conceptual effort to sustain the tension between “is” and “ought”, and to subvert the established universe of discourse in the name of its own truth is likewise eliminated from all thought which is to be objective, exact, and scientific. For the scientific subversion of the immediate experience which establishes the truth of science as against that of immediate experience does not develop the concepts which carry in themselves the protest and the refusal. The new scientific truth which they oppose to the accepted one does not contain in itself the judgment that condemns the established reality. … In contrast, dialectical thought is and remains unscientific to the extent to which it is such judgment.”

“The Superego, in censoring the unconscious and in implanting conscience, also censors the censor.”

“Functional communication is only the outer layer of the one- dimensional universe in which man is trained to target—to translate the negative into the positive so that he can continue to function, reduced but fit and reasonably well. The institutions of free speech and freedom of thought do not hamper the mental coordination with the established reality. What is taking place is a sweeping redefinition of thought itself, of its function and content. The coordination of the individual with his society reaches into those layers of the mind where the very concepts are elaborated which are designed to comprehend the established reality. These concepts are taken from the intellectual tradition and translated into operational terms—a translation which has the effect of reducing the tension between thought and reality by weakening the negative power of thought.”

“[Art] can speak its own language only as long as the images are alive which refuse and refute the established order.”

“Such abstraction which refuses to accept the given universe of facts as the final context of validation, such “transcending” analysis of the facts in the light of their arrested and denied possibilities, pertains to the very structure of social theory.”

“To live one's love and hatred, to live that which one is means defeat, resignation, and death. The crimes of society, the hell that man has made or man become unconquerable cosmic forces.”

“It is the sphere farthest removed from the concreteness of society which may show most clearly the extent of the conquest of thought by society.”

“The music of the soul is also the music of salesmanship. Exchange value, not truth value counts. On it centers the rationality of the status quo, and all alien rationality is bent to It.”

“This organization of functional discourse is of vital importance; it serves as a vehicle of coordination and subordination. The unified, functional language is an irreconcilably anti-critical and anti-dialectical language. In it, operational and behavioral rationality absorbs the transcendent, negative, oppositional elements of Reason.”

“No, you cannot expect people to understand the higher reaches of philosophy. Culture should be taken out of the hands of the dollar chasers. We need a national subsidy for literature. It is disgraceful that artists are treated like peddlers and that art works have to be sold like soap.”

“Operational analysis … cannot raise the decisive question whether the consent itself was not the work of manipulation—a question for which the actual state of affairs provides ample justification. The analysis cannot raise it because it would transcend its terms toward transitive meaning—toward a concept of democracy which would reveal the democratic election as a rather limited democratic process. Precisely such a non-operational concept is the one rejected by the authors as “unrealistic” because it defines democracy on too articulate a level as the clear-cut control of representation by the electorate—popular control as popular sovereignty.”

“The distinction between true and false consciousness, real and immediate interest still is meaningful. But this distinction itself must be validated. Men must come to see it and to find their way from false to true consciousness, from their immediate to their real interest. They can do so only if they live in need of changing their way of life, of denying the positive, of refusing. It is precisely this need which the established society manages to repress to the degree to which it is capable of “delivering the goods” on an increasingly large scale, and using the scientific conquest of nature for the scientific conquest of man.”

“Who is, in the classical conception, the subject that comprehends the ontological condition of truth and untruth? It is the master of pure contemplation (theoria), and the master of a practice guided by theoria, i. e., the philosopher-statesman. To be sure, the truth which he knows and expounds is potentially accessible to everyone. Led by the philosopher, the slave in Plato’s Meno is capable of grasping the truth of a geometrical axiom, i. e., a truth beyond change and corruption. But since truth is a state of Being as well as of thought, and since the latter is the expression and manifestation of the former, access to truth remains mere potentiality as long as it is not living in and with the truth. And this mode of existence is closed to the slave — and to anyone who has to spend his life procuring the necessities of life. Consequently, if men no longer had to spend their lives in the realm of necessity, truth and a true human existence would be in a strict and real sense universal. Philosophy envisages the equality of man but, at the same time, it submits to the factual denial of equality. For in the given reality, procurement of the necessities is the life-long job of the majority, and the necessities have to be procured and served so that truth (which is freedom from material necessities) can be. Here, the historical barrier arrests and distorts the quest for truth; the societal division of labor obtains the dignity of an ontological condition. If truth presupposes freedom from toil, and if this freedom is, in the social reality, the prerogative of a minority, then the reality allows such a truth only in approximation and for a privileged group. This state of affairs contradicts the universal character of truth, which defines and “prescribes” not only a theoretical goal, but the best life of man qua man, with respect to the essence of man. For philosophy, the contradiction is insoluble, or else it does not appear as a contradiction because it is the structure of the slave or serf society which this philosophy does not transcend. Thus it leaves history behind, unmastered, and elevates truth safely above the historical reality. There, truth is reserved intact, not as an achievement of heaven or in heaven, but as an achievement of thought — intact because its very notion expresses the insight that those who devote their lives to earning a living are incapable of living a human existence.”

“The avant-garde and the beatniks share in the function of entertaining without endangering the good conscience of the men of good will.”

“The tangible source of exploitation disappears behind the façade of objective rationality.”

“Liberating tolerance, then, would mean intolerance against movements from the Right, and toleration of movements from the Left.”

“At the classical origins of philosophic thought, the transcending concepts remained committed to the prevailing separation between intellectual and manual labor to the established society of enslavement. … Those who bore the brunt of the untrue reality and who, therefore, seemed to be most in need of attaining its subversion were not the concern of philosophy. It abstracted from them and continued to abstract from them.”

“The methods of logical procedure are very different in ancient and modem logic, but behind all difference is the construction of a universally valid order of thought, neutral with respect to material content. Long before technological man and technological nature emerged as the objects of rational control and calculation, the mind was made susceptible to abstract generalization. Terms which could be organized into a coherent logical system, free from contradiction or with manageable contradiction, were separated from those which could not. Distinction was made between the universal, calculable, “objective” and the particular, incalculable, subjective dimension of thought.”

“An autonomous electorate, free because it is free from indoctrination and manipulation, would indeed be on a “level of articulate opinion and ideology” which is not likely to be found. Therefore, the concept has to be rejected as “unrealistic”—has to be if one accepts the factually prevailing level of opinion and ideology as prescribing the valid criteria for sociological analysis. And—if indoctrination and manipulation have reached the stage where the prevailing level of opinion has become a level of falsehood, where the actual state of affairs is no longer recognized as that which it is, then an analysis which is methodologically committed to reject transitive concepts commits itself to a false consciousness. Its very empiricism is ideological.”

“The world of immediate experience—the world in which we find ourselves living—must be comprehended, transformed, even subverted in order to become that which it really is.”

“Society is eliminating the prerogatives and privileges of feudal. aristocratic culture together with its content. The fact that the transcending truths of the fine arts, the aesthetics of life and thought, were accessible only to the few wealthy and educated was the fault of a repressive society. But this fault is not corrected by paperbacks, general education, long-playing records, and the abolition of formal dress in the theater and concert hall. The cultural privileges expressed the injustice of freedom, the contradiction between ideology and reality, the separation of intellectual from material productivity; but they also provided a protected realm in which the tabooed truths could survive in abstract integrity—remote from the society which suppressed them.”

“Institutionalized desublimation thus appears to be an aspect of the “conquest of transcendence” achieved by the one-dimensional society. Just as this society tends to reduce, and even absorb opposition (the qualitative difference!) in the realm of politics and higher culture, so it does in the instinctual sphere. The result is the atrophy of the mental organs for grasping the contradictions and the alternatives and, in the one remaining dimension of technological rationality, the Happy Consciousness comes to prevail.”

“When the whole is at stake, there is no crime except that of rejecting the whole, or not defending it. … Those who identify themselves with the whole, who are installed as the leaders and defenders of the whole can make mistakes, but they cannot do wrong—they are not guilty. They may become guilty again when this identification no longer holds, when they are gone.”