Frasi su sceicco

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema sceicco, bianco, film, arte.

Frasi su sceicco

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“Con i tempi che corrono si sentiva l'esigenza di omaggiare un passato pieno di dignità, in cui c'erano grandi attori, grandi scrittori. È giusto fare un'opera didattica che racconti la grande commedia e un grande attore italiano. I giovani non possono studiare solo Tarantino o Lynch, ma devono conoscere anche Germi, Blasetti e il Sordi di Una vita difficile e Lo sceicco bianco.”

Carlo Verdone (1950) attore e regista italiano

Origine: Citato in Carlo Verdone celebra il mito di Alberto Sordi con un documentario http://www.palermomania.it/news.php?carlo-verdone-celebra-il-mito-di-alberto-sordi-con-un-documentario&id=47124, Palermomania.it, 21 febbraio 2013.

“Non ho un'ammirazione incondizionata per Fellini. Potrei usare una bandiera: Strada no, Vitelloni sì. Ma credo che se ci si lasciasse completamente andare, Otto e mezzo apparirebbe, aldilà dei pregiudizi e delle reticenze, come un oggetto prodigioso. Una fantastica generosità, un'assenza totale di precauzioni e d'ipocrisia, una sincerità evidentemente priva di compiacimento e un grande coraggio artistico e finanziario caratterizzano questa impresa stupefacente. […] Otto e mezzo, intellettualmente ed esteticamente, è uno sforzo lirico, patetico e forsennato verso l'unità, al di là delle contraddizioni e degli ostacoli interni o esterni. Da questa permanente inquietudine nasce un'opera, da questa follia barocca un'architettura molto ben congegnata, in un'appassionata negazione delle convenzioni e dei valori consolidati, in una ricerca neo-francescana, al di là delle false ricchezze, d'una specie di equilibrio. Io non amavo né La strada né Cabiria. Fellini riprende, riesamina senza pietà tutto ciò che ha detto fino ad ora con la follia e il movimento di Vitelloni e dello Sceicco bianco. Non credo che si tratti di un gusto per l'auto-citazione. […] Fellini affila il suo coltello contro se stesso. Così facendo supera le proprie angosce, e quelle di ogni uomo di cinema, traumatizzato […] dallo stato d'inferiorità e di soggezione in cui vegeta, come un pesce delle caverne, l'arte di fare dei film.”

Pierre Kast (1920–1984) regista francese

da Cahiers du Cinéma, 145, Parigi, luglio 1963
Origine: Citato in Claudio G. Fava, I film di Federico Fellini, Volume 1 di Effetto cinema, Gremese Editore, 1995, p. 109 https://books.google.it/books?id=DNMSsPUpWnoC&pg=PA109. ISBN 8876059318

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“- Andiamo al British Museum.
Detto fatto. Per non perderci, ci demmo appuntamento a mezzogiorno in Mesopotamia. Non è una cosa da tutti i giorni poter fissare un appuntamento in un posto del genere.
In quel tipo di edifici, apprezzo ancora di più l’insieme che il dettaglio. Mi piace passeggiare, senza altra logica che il mio piacere, dall’antico Egitto alle Galapagos passando per Sumer. Ingozzarmi di tutta l’assiriologia mi rimarrebbe sullo stomaco, mentre piluccare qualche carattere cuneiforme a mo’ di aperitivo, rune come antipasto, la stele di Rosetta come piatto principale e delle mani a negativo preistoriche come dessert manda in estasi le mie papille.
Quello che non sopporto, nei musei, è il passo lento e solenne che le persone si credono obbligate in cuor loro ad adottare. Quanto a me, mi sposto con passo ginnico, abbracciando con lo sguardo vaste prospettive: che si tratti di archeologia o di pittura impressionista, ho notato i vantaggi di questo metodo. Il primo è evitare l’atroce effetto guida turistica: “Ammirate la bonarietà dello sceicco el-Beled: non vi sembra di averlo incrociato ieri al mercato?” oppure: “Una controversia oppone la Grecia e il Regno Unito a proposito del fregio del Partenone.” Il secondo è concomitante al primo: rende impossibili i commenti all’uscita dal museo. I Bouvard e Pécuchet moderni devono chiudere il becco. Il terzo vantaggio, e non il meno importante per quanto mi riguarda, è che impedisce l’insorgere del terribile mal di schiena museale.
Intorno a mezzogiorno, mi resi conto di essermi persa. Affrontai un responsabile in questi termini:
– Mesopotamia, please.
– Third floor, turn to the left – mi venne risposto nel modo più semplice possibile.
E questa è la dimostrazione che ci si sbaglia nel ritenere la Mesopotamia tanto inaccessibile.”

Pétronille

“La strada è un sorprendente e misterioso film; soggioga e turba lo spettatore, anche se questi fatica a capirne le ragioni profonde; là dove lo stesso Fellini è arrivato più con la forza dei sentimenti che con la chiarezza dell'intelletto. Gelsomina è nata dentro di lui molto tempo fa, prima dello Sceicco bianco, prima dei Vitelloni, e vi ha dipanato lentamente la sua storia con la chiaroveggente libertà propria appunto dei folli. Molte cose di Gelsomina, Fellini non è riuscito, mi sembra, a dire; ma tale reticenza ha qualcosa di nobile, di alto, questo lo indoviniamo e ci riempie di rispetto. Comunque, soltanto Gelsomina resta vagamente irreale; Zampanò è uno dei più poderosi, corposi e drammatici personaggi del cinema contemporaneo; e lo stile del film tra i più puri e più lucidi del neorealismo (si rammenti la lievità, l'intensità, l'immediato calore dei personaggi e l'immediata definizione di essi nella sequenza del pranzo nuziale e della escursione di Gelsomina nella grande casa campestre, fino allo scoprimento del bambino malato). E penso peraltro sia ingiusto dire che Fellini ha costruito un film di evasione dalla realtà. Si potrà se mai discutere la natura dell'uomo Fellini, quella sua ben reale inclinazione alla creatura eccezionalmente "innocente", nel senso dostojewskiano.”

Vittorio Bonicelli (1919–1994)

Origine: Da Il Tempo, 7 ottobre 1954; citato in Claudio G. Fava e Aldo Viganò, I film di Federico Fellini, Gremese Editore, 1995, pp. 74-75 https://books.google.it/books?id=DNMSsPUpWnoC&pg=PA74. ISBN 88-7605-931-8