“Che cosa avevano in comune quel corpo, l'uso che non poteva fare l'amore, i suoi inevitabili scopi, e il destino di un altro corpo di donna, votato a delicati rapimenti, dotato i una genialità da predone, di un'appassionata implacabilità, di una pedagogia ipocrita e incantatrice?

"Nascondeva con difficoltà un dolore che non riusciva a comprendere. Che cosa aveva dunque conquistato, la notte scorsa, nell'ombra profumata, tra quelle braccia ansiose di farlo uomo e vittorioso? Il diritto di soffrire? Il diritto di mancare per debolezza davanti a una fanciulla innocente e pura? Il diritto di tremare se non si sa perchè, dinanzi alla delicata vita delle bestie e al sangue fuggito dalle sue sorgenti?

"Ah, la luce sorda e rossastra di una camera sconosciuta! Ah, quella buia felicità, quella morte raggiunta per gradi, e poi la vita, recuperata a lenti colpi d'ala…"

"Quelle piccole orecchie arrossate risuonavano ancora di un grido sommesso, soffocato come quello di un essere che venga sgozzato? Qulle braccia, ricche di muscoli appena visibili, l'avevano portato, leggero, confuso, da questo mondo in un altro mondo; quella bocca avara di parole, s'era chinaa per trasmetter e per mormorare, indistinto, un canto che nasceva debole eco, dalle profondità in cui la vita è una convulsione terribile… Ella sapeva tutto…”

—  Colette

Ultimo aggiornamento 18 Gennaio 2019. Storia

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