“Alle Instituzioni di Quintiliano si potrebbe apporre l'epigrafe d'un filosofo del secolo scorso: Io vidi il costume del mio secolo e pubblicai quest'opera. E il secolo di Quintiliano avea d'uopo di lui. Colla potenza romana era morta la virtù, con la libertà l'eloquenza: più non erano i giorni in cui Cicerone ed Ortensio tuonavano dai rostri, ove al popolo romano adunato nel foro parlavano consoli e tribuni delle venture della patria; agli Scipioni ed ai Fabii, ai Catoni, e ai Pompei erano succeduti Tiberio e Claudio, Nerone e Galba, Ottone e Domiziano; i sofisti aveano cacciato i filosofi, i grammatici esiliato gli oratori; la maschia eloquenza di Tullio era spenta dalle arguzie di Seneca, e i discendenti di Quirino prostrati nella servitù e snervati nell'ozio avean perduto, col valore del braccio e colla virtù del cuore, la potenza della mente e il vigore della favella. Quintiliano si levò contro a tanta ruina, e nelle Instituzioni dedicate a Marcello presentò lezioni, non solo di bene scrivere, ma di bene operare, istruì l'animo e l'intelletto, e pose per base de' suoi precetti che i costumi sono l'incremento delle lettere, che madre della vera eloquenza è la virtù.”

da Storia antica

Estratto da Wikiquote. Ultimo aggiornamento 21 Maggio 2020. Storia

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