“Moravia e Pasolini erano di una negatività che passava tutti i limiti, come se d'Annunzio avesse fatto loro dei dispetti personali. L'avevano letto o no? Moravia disse che l'aveva letto con Bertolucci, il figliuolo del poeta, poeta anche lui. Diceva: "L'ho letto. Va tutto a pezzi. Non resta niente. Non è un poeta. È un letterato e per giunta di pessimo gusto". Ora, francamente, come lo leggevano? Se lo leggevano in quel tono, allora anche Petrarca diventa niente. Se uno legge l'Alcyone con il tono di Moravia […] Pasolini disse: "L'unica cosa bella che ha scritto d'Annunzio è quando vide Pascoli per di dietro e osservò la nuca". Era molto pasoliniana questa osservazione […] In quale caso della letteratura italiana è successo qualcosa di simile? A che cosa attribuirlo? Circostanze politiche, no, perché quel comportamento era cominciato molto prima. Magari da quella reazione futurista che voleva demolire tutto quello che era passato. Insomma, io credo che d'Annunzio sia il capro espiatorio di qualcosa. Di che cosa precisamente?”
Argomenti
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critico d'arte, critico letterario e saggista italiano 1896–1982Citazioni simili

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