Frasi su bibita

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema bibita, ragazzo, proprio, persone.

Frasi su bibita

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“Fino a pochi anni fa, il bar era luogo di sedentari, la cui unica attività fisica era il sollevamento di bicchieri, boccette o mazzi di carte. Ma soprattutto negli ultimi anni, è diventato il centro di smistamento di tutta una serie di attività sportive contrassegnate dall'abbigliamento specializzato e da un'assoluta dedizione. Ecco alcuni dei più comuni atleti da bar.

I maratoneti

Gruppo di signori con pantaloncini di raso e canottiere traforate da cui erompono savane di peli. Sotto pance da gestanti nascondono marsupi pieni di misteriose pasticche rinvigorenti e bibite energomiche. Si involano in branchi verso i tornanti collinari e tornano sudatissimi, dicendo di aver percorso decine di chilometri. Alcuni si controllano il battito cardiaco, altri segnano i tempi sulla tabella di allenamento. Proprio quando credono di aver convinto tutti delle loro imprese sportive entra un amico con un borsello e dice: ""Ehi ragazzi, chi di voi ha dimenticato questo al ristorante, un'ora fa?"".

Il maratoneta solitario

Uomo magrissimo, di età indefinibile, sempre bagnato anche in estate, che corre con un'espressione di grande sofferenza sul volto, si tocca la gamba, si massaggia il fegato, tossisce e sputa ma continua a correre, nello smog cittadino e tra i clacson delle auto, alle due del pomeriggio in agosto e sotto la neve in gennaio, sempre con quel look da Calvario e un paio di occhiali gialli che forse nascondono lacrime. La domanda è: quale peccato deve scontare il maratoneta solitario?”

Stefano Benni (1947) scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano
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“Per capire una città bisogna conoscerne l'anima. Imbevuta del passato e in costante trasformazione, l'anima di una città rimane strettamente legata alla sua fisicità e alle azioni di quanti la amministrano. A volte ci si innamora o si ha disgusto di un posto dal primo momento : in un caso come nell'altro, è raro che questa prima impressione porti alla scoperta dell'anima. Le anime sono pudiche, rifuggono la ribalta e perfino la conversazione. Bisogna scovarle. Comunicano attraverso uno sguardo, un gesto, una parola. Quelle delle città comunicano attraverso le pietre, le piante, le strutture urbane, la folla e i singoli abitanti. La conoscenza di una città può avvenire per mezzo di libri, giornali, televisione, oltre che con l'osservazione diretta. Raramente, comunque, l'anima di una città si rivela per caso. Le città che si presentano al visitatore frontalmente, nella propria nudità, sono spesso false : costituiscono la difesa della città che sta sotto. Ciò non toglie che in certi casi la loro anima possa essere talmente forte e imperiosa da manifestarsi come tale al primo impatto.
In una città nuova, mi lascio andare ai sensi e al caso. Senza pensare a niente, cammino, mi guardo intorno, mi unisco a una piccola folla curiosa, prendo i mezzi pubblici, compro il cibo di strada e mangio nei posti meno frequentati. Faccio una sosta, seduta su una panchina in un parco, bevendo una bibita in un caffè o appoggiata alla facciata di un edificio, come una mosca su un muro : e da lì osservo, odoro, ascolto. Se sono fortunata, piano piano l'anima del luogo mi si rivela.”

Simonetta Agnello Hornby (1945) scrittrice italiana

La mia Londra

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“(…) Ma perché non siete mai a scuola? vi vedo ogni giorno, in giro, sempre vagabonda…"
"Oh, non soffrono troppo della mia mancanza, credetemi" rispose lei. "Sono un temperamento asociale, dicono. Non mi mescolo con gli altri. Ed è strano, perché io sono piena di senso sociale, invece. Tutto dipende da che cosa si intenda per senso sociale, non vi sembra? Per me significa parlare con voi di cose come queste. (…) O anche parlare di quanto è strano questo mondo. Stare con la gente è una cosa bellissima. Ma non mi sembra sociale riunire un mucchio di gente, per poi non lasciarla parlare, non sembra anche a voi? Un'ora di lezione davanti alla TV, un'ora di pallacanestro, o di baseball o di footing, un'altra ora di storia riassunta o di riproduzione di quadri celebri e poi ancora sport, ma, capite, nopn si fanno domande, o almeno quasi nessuno le fa; loro hanno già le risposte pronte, su misura, e ve le sparano contro in rapida successione, bang, bang, bang, e intanto noi stiamo seduti là per più di quattr'ore di lezioni con proiezioni. Tutto ciò per me non è sociale. E' tutt'acqua rovesciata a torrenti, risciacquatura è, mentre loro ci dicono che è vino quando non lo è. Ci riducono in condizioni così pietose, quando viene la sera, che non possiamo fare altro che andarcene a letto o rifugiarci in qualche Parco Divertimenti a canzonare o provocare la gente, a spaccare vetri nel Padiglione degli spaccavetri o a scassare automobili, nel Recinto degli scassamacchine, con la grossa sfera d'acciaio. O non ci resta che salire in macchina e correre pazzamente per le strade, cercando di vedere quanto da vicino si possano sfiorare i lampioni e quanto strette si possano fare le curve, magari sulle due ruote laterali. Può darsi benissimo che io sia proprio quello che dicono, d'accordo. Non ho amici, io. E questo dovrebbe provare che sono anormale. Ma tutte le persone che conosco urlano e ballano intorno come impazzite o addirittura si battono a vicenda, selvaggiamente. Avete notato come la gente si faccia male, di questi tempi? (…) Ho paura dei ragazzi della mia età. Si uccidono a vicenda. (…) Sei amici miei sono morti d'arma da fuoco da un solo anno a questa parte. Dieci ne sono morti in incidenti automobilistici. Mi fanno paura e loro non mi hanno in simpatia perché ho paura
(…)
Soprattutto mi piace studiare la gente. A volte passo l'itera giornata nella Ferrovia Sotterranea, a sentir le persone parlare, a guardarle. Mi piace indovinare chi sia quel tale, che cosa voglia quell'altro, dove vadano. Spesso scivolo come un serpente su una vettura della Sotterranea a sentire cosa dicono le persone. O nelle mescite di bibite e dolci, e sapete cosa ho scoperto? (…) Che la gente non dice nulla. (…) Parla di una gran quantità di automobili, parla di vestiti e di piscine e dice che sono una meraviglia! Ma non fanno tutti che dire le stesse cose e nessuno dice mai qualcosa di diverso dagli altri. E quasi sempre nei caffè hanno le macchinette d'azzardo in funzione, si raccontano le stesse barzellette, oppure c'è la parete musicale accesa con i disegni a colori che vanno e vengono.”

Ray Bradbury (1920–2012) scrittore statunitense
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“Io attaccai discorso con una splendida ragazza di campagna che portava una camicetta di cotone molto scollata e rivelava la sommità abbronzata del suo bel seno. Era ottusa. Parlò di serate in campagna passate a fare il popcorn sotto il portico. Un tempo ciò mi avrebbe rallegrato il cuore ma poiché il cuore di lei non se ne rallegrava mentre lo diceva, capii che in esso non c'era altro che l'idea di ciò che si dovrebbe fare. «E in quale altro modo si diverte?» Cercai di tirar nel discorso le amicizie maschili e il sesso. I suoi grandi occhi scuri mi scrutarono vacui e con una specie di dolore nel sangue che risaliva a generazioni addietro per non aver fatto ciò che urgeva venisse fatto… qualsiasi cosa fosse, e tutti sanno cosa sia. «Cos'è che esige dalla vita?» Volevo prenderla e spremere da lei la risposta. Non aveva la minima idea di quel che volesse. Farfugliò di impieghi, di film, di andare da sua nonna durante l'estate, del desiderio di recarsi a New York a vedere il Roxy, di che specie di completo avrebbe indossato: qualcosa di simile a quello che portava la Pasqua scorsa, cappellino bianco, rose, scarpine pure rosa, e un soprabito di gabardine color lavanda. «Cosa fa la domenica pomeriggio?» domandai. Stava seduta sotto il portico. I suoi amici passavano in bicicletta e si fermavano a chiacchierare. Leggeva giornaletti umoristici, si sdraiava nell'amaca. «Cosa fa in una calda notte d'estate?» Sedeva sotto il portico guardava le macchine sulla strada. Lei e sua madre facevano il popcorn. «Cosa fa suo padre in una notte d'estate?» Lavora, fa il turno di notte in una fabbrica di caldaie, ha passato la sua vita intera a mantenere una donna e i suoi rampolli e senza credito né adorazione. «Cosa fa suo fratello in una notte d'estate?» Va in giro in bicicletta e passeggia davanti al chiosco delle bibite. «Cos'è che egli muore dalla voglia di fare? Cos'è che tutti noi moriamo dalla voglia di fare? Cosa vogliamo?» Non lo sapeva. Sbadigliò. Aveva sonno. Era troppo. Nessuno poteva dirlo. Nessuno avrebbe potuto dirlo mai. Tutto era finito. Aveva diciott'anni ed era estremamente adorabile, e mancata.”

On the Road

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“Il caffellatte è una bibita mulatta.”

Ramón Gómez De La Serna (1888–1963) scrittore e aforista spagnolo

Origine: Mille e una greguería, Greguería‎s‎, p. 40

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