“Chi fui? Che senso ebbe la mia presenza
in un tempo che questo film rievoca
ormai così tristemente fuori tempo?
Non posso farlo ora, ma devo
prima o poi sviscerarlo fino in fondo,
fino a un definitivo sollievo…
Lo so: ero appena partorito a un mondo
dove la dedizione d’un adolescente
– buono come sua madre, improvvido
e animoso, mostruosamente
timido, e ignaro d’ogni altra omertà
che non fosse ideale – era avvilente
segno di scandalo, santità
ridicola. Ed era destinata
a farsi vizio: ché marcisce l’età
la mitezza, e fa, dell’accorato
dono di sé, ossessione. E se ho trovato
di nuovo un’accorata purezza
nell’amare il mondo, il mio
non è che amore, nudo amore, senza
futuro. Troppo perduto nel brusio
del mondo, troppo cosparso dell’amaro
di un pur triste, chapliniano riso…
È resa. Umile ebbrezza del contemplare,
partecipe, sviscerato – e inattivo.
Umile riscoperta d’un allegro restare
degli altri uomini al male: il reale,
vissuto da loro in un empireo di luoghi
miseri, ridenti, sulle rive
di gai torrenti, sui gioghi
di monti luminosi, sulle terre oppresse
dall’antica fame…
È senso della grandezza, questo senso
che mi strugge sui minimi atti
di ogni nostro giorno: riconoscenza
per questo loro riapparire intatti
a me sopravvissuto, e pieno ancora
di stantio pianto…”

La religione del mio tempo

Ultimo aggiornamento 22 Maggio 2020. Storia

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