Frasi di Tito Lívio
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Tito Livio, il cui cognomen è sconosciuto , è stato uno storico romano, autore di una monumentale storia di Roma, gli Ab Urbe Condita libri CXLII, dalla sua fondazione fino alla morte di Druso, figliastro di Augusto nel 9 a.C..

✵ 59 a.C. – 17 d.C.   •   Altri nomi Livius
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Tito Lívio Frasi e Citazioni

“La peggiore delle vergogne è quella della parsimonia e della povertà.”

Marco Porcio Catone: XXXIV, 4; 2006
Pessimus quidem pudor est vel parsimonia vel paupertatis.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“Come, un uomo malvagio è più sicuro imputarlo che assolverlo, così, il lusso sarebbe più tollerabile trattenerlo piuttosto che lasciarlo libero, come succede ad un animale indomabile, eccitato proprio dai vincoli, lasciato libero.”

Marco Porcio Catone: XXXIV, 4; 1997
Et hominem improbum non accusari tutius est quam absolvi, et luxuria non mota tolerabilior esset quam erit nunc, ipsis vinculis sicut ferae bestiae inritata, deinde emissa.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“L'eleganza, i monili, le acconciature sono i simboli peculiari delle donne, di questi gioiscono e si vantano.”

Lucio Valerio: XXXIV, 7; 1997
Munditiae et ornatus et cultus, haec feminarum insignia sunt, his gaudent et gloriantur.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“Spesso, e soprattutto in guerra, le cose fittizie valgono quanto le cose reali e chi crede di poter far affidamento su qualche aiuto, proprio come se davvero ne disponesse, si salva grazie al morale che ricava dalla speranza e dalla voglia di osare.”

XXXIV, 12; 1997
[S]aepe vana pro veris, maxime in bello, valuisse et credentem se aliquid auxilii habere, perinde atque haberet, ipsa fiducia et sperando atque audendo servatum.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“La cosa più onorevole, così come la cosa più sicura, è quella di affidarsi interamente al valore.”

Marco Porcio Catone: XXXIV, 14; 1997
[Q]uod pulcherrimum, idem tutissimum: in virtute spem positam habere.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“La libertà impiegata con senso di misura reca giovamento ai singoli cittadini e alle intere cittadinanze; quando invece è eccessiva reca disagio agli altri ed è rovinosa per chi la possiede perché non conosce limiti.”

Tito Quinzio Flaminino: XXXIV, 49; 1997
Libertate modice utantur: temperatam eam salubrem et singulis et civitatibus esse, nimiam et aliis gravem et ipsis qui habeant praecipitem et effrenatam esse.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“I grandi uomini al centro dell'attenzione generale sono meno temuti a causa di un certo senso di saturazione.”

XXXV, 10; 1997
In oculis hominum fuerat, quae res minus verendos magnos homines ipsa satietate facit.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“Lo Stato da solo è libero di poggiare sulle sue forze, e non dipende dalla volontà arbitraria di un altro.”

Menippo: XXXV, 32; 2010
Ea autem in libertate posita est quae suis stat viribus, non ex alieno arbitrio pendet.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“Le decisioni impetuose e audaci in un primo momento riempiono di entusiasmo, ma poi sono difficili a seguirsi e disastrose nei risultati.”

XXXV, 32; 1997
[C]onsilia calida et audacia prima specie laeta, tractatu dura, eventu tristia esse.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“Con l'abitudine, il lavoro appare più leggero.”

XXXV, 35; 2006
Consuetudine levior est labor.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“Il bene comune è la grande catena che lega insieme gli uomini nella società.”

Annibale: XXXVI, 7; 2006
[C]ommunis utilitas, quae societatis maximum vinculum est.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“Tutto ciò che nasce nella sua sede originaria è più genuino: trapiantato su un terreno che non gli è proprio, è costretto a degenerare perché la sua natura deve diventare simile a ciò da cui trae nutrimento.”

XXXVIII, 17; 1997
<Est> generosius, in sua quidquid sede gignitur; insitum alienae terrae in id, quo alitur, natura vertente se, degenerat.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“L'invidia è cieca, né altro sa fare che sminuire il valore altrui, corrompendo gli onori ed i meriti che uno si merita.”

Gneo Manlio Vulsone: XXXVIII, 49; 2006
Caeca invidia est nec quicquam aliud scit quam detractare virtutes, corrumpere honores ac praemia earum.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“La vecchiaia degli uomini celebri sia inviolata e sicura.”

Tiberio Sempronio Gracco: XXXVIII, 53; 2006
Clarirum virorum senectus, inviolata et tuta sit.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“Quella che prima era solo una forma di servizio, cominciò ad essere considerata un'arte.”

XXXIX, 6; 1997
Quod ministerium fuerat, ars haberi coepta.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL
Origine: Ci si riferisce alla cucina e all'arte culinaria dei cuochi che nel periodo di contatto con la cultura mediterranea prende avvio.

“Non c'è nulla di più ingannevole di una religione falsa che è spesso celata sotto un abito attraente.”

Spurio Postumio Albino: XXXIX, 16; 1997
Nihil enim in speciem fallacius est quam prava religio. Ubi deorum numen praetenditur sceleribus.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL
Origine: Ci si riferisce ai riti dei Baccanali.

“[Filippo V, Re di Macedonia] in un empito di furore, aggiunse che ancora non era calato il sole di tutti i giorni.”

XXXIX, 26; 1997
Elatus deinde ira adiecit nondum omnium dierum solem occidisse.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“In Catone tanto più forti erano l'animo e l'indole che appariva chiaro come, qualunque fosse stato il suo rango sociale, si sarebbe costruito da solo la sua fortuna.”

XXXIX, 40; 1997
In hoc viro tanta vis animi ingeniique fuit, ut quocumque loco natus esset, fortunam sibi ipse facturus fuisse videretur.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“Catone ebbe un ingegno tanto versatile e tanto adattabile ad ogni situazione che, qualunque fosse il settore in cui era impegnato, si sarebbe detto che fosse nato proprio per esercitare quell'unica attività.”

XXXIX, 40; 1997
[H]uic versatile ingenium sic pariter ad omnia fuit, ut natum ad id unum diceres, quodcumque ageret.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

“Si diceva che caratterizzava l'uomo saggio e dunque giustamente fortunato il comportarsi con senso della misura nelle situazioni favorevoli senza fidarsi troppo di una momentanea tranquillità.”

XLII, 62; 1997
Modum inponere secundis rebus nec nimis credere serenitati praesentis fortunae, prudentis hominis et merito felicis esse.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

“L'inganno viene alla luce da solo nonostante tutte le cautele adottate agli inizi.”

XLIV, 15; 1997
Ipsam se fraudem, etiamsi initio cautior fuerit.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

“Quiriti, io non sono di quelli che pensano che ai comandanti non si debbano rivolgere dei consigli: anzi, quello che agisce soltanto sulla base della sua opinione, lo giudico arrogante e non certo avveduto.”

Lucio Emilio Paolo Macedonico: XLIV, 22; 1997
Non sum is, Quirites, qui non existumem admonendos duces esse: immo eum, qui de sua unius sententia omnia gerat, superbum iudico magis quam sapientem.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: Le parole di Lucio Emilio Paolo si rifanno ad un'affermazione di Quinto Fabio Massimo, il Temporeggiatore, che preferì una diminuzione del suo potere piuttosto che servire male lo Stato.

“Quando la situazione è a noi favorevole, non si deve agire contro qualcuno con arroganza o violenza.”

Lucio Emilio Paolo Macedonico: XLV, 8; 1997
Ideo in secundis rebus nihil in quemquam superbe ac violenter consulere decet.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: Dopo una vittoria non si deve infierire violentemente sul nemico, ma – secondo il concetto di clemenza – si deve cercare di tendere alla pace.
Origine: Questa espressione ha la funzione di exemplum, cioè di una "morale" riguardo la guerra.

“Non ci si deve fidare troppo della buona sorte del momento perché non siamo tranquilli nemmeno su quello che ci può recare la sera.”

Lucio Emilio Paolo Macedonico: XLV, 8; 1997
[N]ec praesenti credere fortunae, cum, quid vesper ferat, incertum sit.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

“Uomo sarà colui che non si lascerà né trasportare dal soffio della buona fortuna né schiantare da quello della avversa.”

Lucio Emilio Paolo Macedonico: XLV, 8; 1997
Is demum vir erit, cuius animum neque prosperae <res> flatu suo efferent nec adversae infringent.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: Il senso è che: uomo sarà colui il quale saprà approfittare delle occasioni con moderazione e sarà allo stesso tempo accorto nelle situazioni improvvise.

“I popoli, come gli individui, hanno particolari inclinazioni: alcuni sono portati all'ira, altri all'audacia, altri alla viltà.”

Astimede: XLV, 23; 1997
Tam civitatium quam singulorum hominum mores sunt: gentes quoque aliae iracundae, aliae audaces, quaedam timidae.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: Capo di una delegazione rodiese a Roma.

“L'arroganza si limita solo alle parole.”

Astimede: XLV, 23; 1997
Superbiam, verborum praesertim.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

“Riguardo all'arroganza, i violenti la soffrono, ma i saggi la deridono.”

Astimede: XLV, 23; 1997
Superbiam […], iracundi oderunt, prudentes inrident.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

“L'uso corregge nelle loro mancanze le leggi scritte.”

XLV, 32; 2006
Legum corrector usus.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

“I mediocri non sono mai fatti oggetto di odio perché l'odio mira in alto.”

XLV, 35; 1997
Intacta invidia media sunt: ad summa ferme tendit.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: La riflessione è stata scritta da Livio riguardo al ritorno dal console Lucio Emilio Paolo dalla vittoriosa guerra macedonica contro Perseo. Infatti i tribuni della plebe, ma anche i senatori stessi, fecero a pezzi l'immagine del console defraudandolo, in un primo tempo, dell'onore della vittoria. Il comandante veniva accusato di aver impartito troppo duramente la disciplina militare. In questo senso l'odio mira alle persone di una certa importanza, infatti avendo esse più risonanza delle altre, sono per alcuni motivo d'odio.

“La buona sorte è abituata a volgersi indietro una volta raggiunto il suo apice.”

Lucio Emilio Paolo Macedonico: XLV, 41; 1997
[C]um ex summo retro volui fortuna consuesset.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

“Certamente nemmeno il destinatario di un dono può esserne soddisfatto se chi lo concede sa di poterlo riprendere quando vuole.”

XLV, 44; 1997
Ne cui detur quidem, gratum esse donum posse, quod eum, qui det, ubi velit, ablaturum esse sciat.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

“Tutti quelli che prestavano servizio in Africa erano fantasmi svolazzanti e solo Scipione era fatto di carne ed ossa.”

sommario del libro XLIX; 1997
[R]eliquos, qui in Africa militarent, umbras volitare, Scipionem vigere.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

“[Masinissa, re di Numidia] dimostrò di esser così vigoroso nella pratica amorosa che generò un figlio a ottantasei anni compiuti.”

sommario del libro L; 1997
Masinissa […], adeo etiam Veneris usu in senecta viguit, ut post sextum et octogesimum annum filium genuerit.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: Alla sua morte all'età di circa 90 anni, il re si lascia dietro una folla di pretendenti al trono.

“Publio Cornelio Scipione venne soprannominato, per scherno, Serapione [dal tribuno della plebe Gaio Curiazio].”

sommario del libro LV; 1997
Origine: Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL, P. Cornelio Nasica, cui cognomen Serapion fuit ab inridente Curiatio tribuno plebis impositum.

“Resta, Mancino!”

sommario del libro LV; 1997
Mane, Mancine.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: Parole pronunciate dagli dèi che preannunciavano al console Gaio Ostilio Mancino, mentre si imbarcava per la Spagna, la sua salvezza e allo stesso tempo il suo futuro tenebroso; egli venne sconfitto ed esiliato da Roma.

“Publio Cornelio Scipione Emiliano ridiede all'esercito una rigorossima disciplina militare, scacciando dal campo 2000 prostitute.”

sommario del libro LVI; 1997
Scipio Africanus […] obsedit […] exercitum ad severissimam militiae disciplinan […], duo milia scortorum a castris eiecit.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL

“Quando avrai imparato a fare della tua spada un vallo, allora smetterai di portarti dietro il vallo!”

Publio Cornelio Scipione Emiliano: sommario del libro LVI; 1997
Cum gladio te vallare scieris, vallum ferre desinito.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: Frase proverbiale rivolta ai soldati che procedevano con i paletti per la costruzione, a fatica sotto questo peso. L'espressione sta a significare sia che la difesa può non occorrere se dotati di buon attacco, ma anche che non ci si deve rinchiudere per paura o fiacchezza negli accampamenti sicuri, ma bisogna affrontare il nemico corpo a corpo.

“[Roma] Città in vendita, andrai presto in rovina, se si troverà uno in grado di comperarti!”

Giugurta: sommario del libro LXIV; 1997
O urbem venalem et cito perituram, si emptorem invenerit.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: Vedasi anche Sallustio, che nel suo scritto La guerra di Giugurta, cap. XXXV, dice similmente Urbem venalem et mature perituram, si emptorem invenerit.

“Pirro, irripetibile stratega, fu più bravo a vincere una battaglia che la guerra.”

libro XII; 1997
Commento all'Eneide di Virgilio

“Sulla tua Fortuna ha avuto la meglio la mia malasorte.”

Cornelia: libro CXII; 1997

“Chiunque tu sia, sarai dei nostri.”

di incerta collocazione; 1997
Commento all'Eneide di Virgilio

“Fa' ancora il nome di Tito Livio: ha, infatti, scritto anche dei dialoghi che si possono annoverare tra le opere di filosofia così come tra quelle di storia, e dei libri di argomento espressamente filosofico: cedo il passo anche a lui.”
Nomina adhuc T. Livium; scripsit enim et dialogos, quos non magis philosophiae adnumerare possis quam historiae, et ex professo philosophiam continentis libros: huic quoque dabo locum.

Lucio Anneo Seneca