“Il mito nell'arte non è stimato troppo nel giudizio estetico dei popoli meridionali. Ci sembra esso sia un'aggiunta intellettuale che raffreddi la commozione artistica. Il poeta vede un concreto, e ne vuol fare un astratto; crede di accrescere intensità, e invece la disperde. Il campo dell'arte è la realtà, cioè l'individuo e non la verità, cioè l'universale. […] Ma ci sono dei poeti in cui non c'è aggiunta: mondo intellettuale e mondo estetico si compenetrano, condizionandosi l'un l'altro: Goethe, p. e., e ancor più Dante. Di fronte a Dante il De Sanctis è l'esempio classico di questo nostro comportamento. Partito, hagelianamente, dalla distinzione delle due opposte attività spirituali, egli, con tutto il suo genio, non può far altro che tentare di dimostrarle pur nel Paradiso staccate l'una dall'altra e volute riunire dal poeta a terribile detrimento dell'opera d'arte. In realtà, se non si comprende come intelletto e immagine siano nel Paradiso di Dante una sola e identica cosa, non si comprende tutta la grandezza di Dante, anche se esso, apparentemente, è solo poeta. Dimostrarlo qui mi porterebbe troppo lontano. Basta per il mio scopo mostrare che lo stesso errore s'è commesso davanti al simbolismo d'Ibsen.”
Origine: Ibsen, p. 111-112
Argomenti
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scrittore e militare italiano 1888–1915Citazioni simili

Da Sulla poesia, trasmissione radiofonica alla BBC, il giugno 1946
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Origine: Il Mezzogiorno e lo stato italiano, pp. 311-312