“Era, il dopoguerra, un tempo in cui tutti pensavano d'essere dei poeti, e tutti pensavano d'essere dei politici; tutti s'immaginavano che si potesse e si dovesse anzi far poesia di tutto, dopo tanti anni in cui era sembrato che il mondo fosse ammutolito e pietrificato e la realtà era stata guardata come di là da un vetro, in una vitrea, cristallina e muta immobilità. Romanzieri e poeti avevano, negli anni del fascismo, digiunato, non essendovi intorno molte parole che fosse consentito usare; e i pochi che ancora avevano usato parole le avevano scelte con ogni cura nel magro patrimonio di briciole che ancora restava. Nel tempo del fascismo, i poeti s'erano trovati ad esprimere solo il mondo arido, chiuso e sibillino dei sogni. Ora c'erano di nuovo molte parole in circolazione, e la realtà di nuovo appariva a portata di mano; perciò quegli antichi digiunatori si diedero a vendemmiarvi con delizia. E la vendemmia fu generale, perché tutti ebbero l'idea di prendervi parte; e si determinò una confusione di linguaggio fra poesia e politica, le quali erano apparse mescolate insieme. Ma poi avvenne che la realtà si rivelò complessa e segreta, indecifrabile e oscura non meno che il mondo dei sogni; e si rivelò ancora situata di là dal vetro, e l'illusione di aver spezzato quel vetro si rivelò effimera. Cosí molti si ritrassero presto sconfortati e scorati; e ripiombarono in un amaro digiuno e in un profondo silenzio. Cosí il dopoguerra fu triste, pieno di sconforto dopo le allegre vendemmie dei primi tempi. Molti si appartarono e si isolarono di nuovo o nel mondo dei loro sogni, o in un lavoro qualsiasi che fruttasse da vivere, un lavoro assunto a caso e in fretta, e che sembrava piccolo e grigio dopo tanto clamore; e comunque tutti scordarono quella breve, illusoria compartecipazione alla vita del prossimo. Certo, per molti anni, nessuno fece piú il proprio mestiere, ma tutti credettero di poterne e doverne fare mille altri insieme; e passò del tempo prima che ciascuno riprendesse sulle sue spalle il proprio mestiere e ne accettasse il peso e la quotidiana fatica, e la quotidiana solitudine, che è l'unico mezzo che noi abbiamo di partecipare alla vita del prossimo, perduto e stretto in una solitudine uguale.”
—
Natalia Ginzburg
,
libro
Lessico famigliare
1963, pp. 165-166
Lessico famigliare
Argomenti
vetro , vendemmia , sogni , dopoguerra , nuovo , mondo , fascismo , parola , mestiere , quotidiano , ancora , solitudine , tempo , parola-chiave , poesia , insieme , lavoro , lavorio , politico , sconforto , magro , circolazione , delizia , clamore , digiuno , briciolo , amaro , romanziere , effimero , confusione , patrimonio , assunto , grigio , fretta , vita , allegro , allegria , oscuro , peso , stretta , essere , illusione , fatica , spalla , pieno , complesso , linguaggio , mille , portata , generale , segreto , cura , silenzio , antico , scelta , unico , profondo , caso , mezzo , mano , idea , piccolo , vivero , meno , parte , usato , dopo , trovata , ora , prima , breve , tanto , proprio , immobilità , fare , realtàNatalia Ginzburg 44
scrittrice italiana 1916–1991Citazioni simili

Johann Wolfgang von Goethe
(1749–1832) drammaturgo, poeta, saggista, scrittore, pittore, teologo, filosofo, umanista, scienziato, critico d'arte e…
Ambrogio Bazzero
(1851–1882) scrittore e poeta italiano