Frasi su diavolo
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“Era Bishop. No, non Bishop, ma un perfetto duplicato. Una copia assolutamente fedele del povero, disattivato Bishop. Bishop II, si disse Ripley, Bishop venuto a prendersi la regina.
Non finché la signora sarà in vita, pensò decisa.
— Lei sa chi sono, — affermò la figura.
— Sì. Un androide. Lo stesso modello di Bishop. Mandato qui dalla fottuta Compagnia.
— Io non sono Bishop l’androide. L’ho progettato. Io sono il prototipo, e naturalmente l’ho modellato con i miei stessi lineamenti. Io sono umano. Sono stato mandato qui per mostrarle un volto amico, e per farle capire quanto lei sia importante per noi. Per me. Io seguo questo progetto sin dall’inizio. Lei significa molto per me, tenente Ripley. Per tante persone. La prego, scenda.
— Io voglio solo aiutarla. Abbiamo qui tutto quello che serve per aiutarla, Ripley. — Le rivolse un’occhiata ansiosa. In quel momento Ripley si accorse che due degli uomini di Bishop II erano vestiti in modo diverso: erano dei biomedici. Le tornò in mente Clemens.
— Vada al diavolo. Conosco tutti i volti “amici” della Compagnia. L’ultimo che mi è capitato di vedere apparteneva a uno stronzo di nome Burke.
Il sorriso svanì dal volto dell’uomo. — Il signor Burke si è rivelato una scelta sbagliata per la sua precedente missione. Aveva più a cuore i suoi interessi personali che quelli della Compagnia. Le garantisco che tale errore non si ripeterà più. Ecco perché mi trovo qui io, invece che un inesperto ed ambizioso subalterno.
— E lei, naturalmente, non ha ambizioni personali.
— Io voglio solo aiutarla.
— Lei mente, — replicò la donna con calma. — A lei non importa un accidente di me né di chiunque altro. Lei vuole solo portarsi via l’alieno. Queste creature hanno acido al posto del sangue, voialtri denaro. Non ci vedo molta differenza.
Bishop II fissò per un momento il pavimento prima di alzare gli occhi verso la sagoma solitaria sulla piattaforma della gru. — Lei ha tutte le ragioni di essere diffidente; ma, purtroppo, non ci è rimasto molto tempo. Noi vogliamo riportarla a casa. Non ci interessano più quelle creature. Sappiamo quello che ha passato. Lei ha dimostrato grande coraggio.
— Balle!
— Mi creda. Noi vogliamo aiutarla.
— In che modo?
— Vogliamo tirare fuori l’alieno che ha in corpo.
— E tenervelo.
Bishop II scosse la testa. — No, distruggerlo.
Ripley ebbe un attimo di esitazione, avrebbe voluto credergli. Cogliendo il suo smarrimento, Bishop II si affrettò ad aggiungere: — Ripley, lei è stanca, sfinita. Si conceda un momento per riflettere. A me sta a cuore solo il suo benessere. Sulla mia astronave, la Patna, c’è un’attrezzatissima sala operatoria. Possiamo asportare il feto, o larva, o come lo si voglia chiamare. Non abbiamo un nome per le diverse fasi di gestazione. L’operazione andrà benissimo! Lei avrà una lunga vita piena di gioie.
Ripley lo guardò, ora tranquilla, rassegnata. — Ho già avuto una vita, grazie. Una vita di cui non ho dovuto rendere conto a nessuno.
L’uomo alzò una mano in un gesto di supplica. — Ragioni, Ripley! Ammetto che abbiamo fatto degli errori, ma involontariamente. Possiamo riparare. Farle recuperare tutto il tempo perduto. Può ancora avere figli. Riscatteremo il suo contratto. Avrà tutto quello che merita. Glielo dobbiamo.
Lei esitò ancora una volta. — Non porterete l’alieno sulla Terra?
— No. Ora sappiamo con chi abbiamo a che fare. Lei aveva ragione fin dall’inizio. Ma il tempo stringe, dobbiamo intervenire. La sala operatoria sull’astronave è già pronta.
I biomedici avanzarono immediatamente. — È un’operazione breve, indolore. Un paio di incisioni. Sarà tutto finito nel giro di un paio d’ore. Poi sarà di nuovo in piedi, pronta per ricominciare da zero.
— Che garanzie ho che, una volta tirato fuori, lo distruggerete?
Bishop II avanzò di un altro passo. Adesso era molto vicino. — Dovrà avere fiducia in me. — Tese una mano. — Abbia fiducia in me. La prego. Vogliamo solo aiutarla.
Ripley rifletté con calma. Vide Aaron e Morse che la guardavano. Il suo sguardo si posò nuovamente su Bishop II.
Fece scorrere il cancelletto della piattaforma che la separava da loro.”

Alan Dean Foster (1946) scrittore statunitense

No... (pp. 125-126)
Alien<sup>3</sup>

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“La plebbe e gli villani sono pascoli di tiranni, e de i soldati; e li tiranni e li soldati sono pascoli del diavolo.”

Salvator Rosa (1615–1673) pittore, incisore e poeta italiano

330; p. 41
Il teatro della politica

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“I guerrieri erano tenuti a rispettare tutta una serie di regole di condotta. Non dovevano mai stringere la mano di un non-simba, non dovevano lavarsi, né pettinarsi i capelli o tagliarsi le unghie, altrimenti sarebbero diventati di nuovo vulnerabili. Molte di quelle regole erano meno bizzarre di quanto sembrasse a prima vista. La maggior parte dei simba non aveva uniformi ed era praticamente priva di armi da fuoco. Andavano a combattere a torso nudo, coperti di ramoscelli e di pelli di animali e muniti solamente di lance, machete e randelli. Con tale equipaggiamento dovevano affrontare l'armata governativa di Mobutu che, pur essendo ancora un'accozzaglia di persone male organizzate, era comunque dotata di mitragliatrici semiautomatiche. Quelle regole magiche imponevano ai simba una forma di disciplina militare. Il sesso era proibito, perché altrimenti i guerrieri si sarebbero abbandonati a stupri continui. Farsi prendere dal panico era proibito, altrimenti si sarebbero dati alla fuga. Guardarsi dietro era proibito, così come il nascondersi. Il guerriero simba doveva gettarsi contro il nemico urlando "Simba, simba! Mulele mai! Mulele mai! Lumumba mai! Lumumba oyé!" (Leone, leone, acqua di Mulele, acqua di Lumumba, viva Lumumba!). Se avessero gridato quelle parole, i proiettili degli avversari si sarebbero trasformati in acqua al contatto con i loro torsi. Quelli che venivano colpiti evidentemente non avevano rispettato una qualche regola di condotta. Assurdo? Sì, ma non più assurdo di determinati attacchi durante la Prima guerra mondiale, in cui si ordinava ai soldati di avanzare sotto un fuoco di sbarramento. E la cosa bizzarra era che non erano soltanto i simba a credere nel loro potere magico, ma anche gli uomini dell'esercito governativo. I soldati di Mobutu avevano una paura del diavolo di quei bruti isterici e drogati che si gettavano contro di loro gridando e con gli occhi sgranati.”

Origine: Congo, pp. 346-347

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“Si recitavano classici e moderni, stranieri e rumeni: dal Tartuffe di Molière, al Desiderio sotto gli olmi di O'Neill, o Il discepolo del diavolo di Shaw; da Canalia di N. Cocea alla Ricetta della felicità di Mircea Stefanescu o l' Idolo e Ion Anapoda di Victor Ion Popa.”

Dina Cocea (1912–2008) attrice, critica teatrale giornalista rumena

Se jucau clasici şi moderni, străini şi români: de la "Tartuffe" al lui Molière, la "Patima de sub ulmi" a lui O’Neill sau "Discipolul diavolului" al lui Shaw; de la "Canalia" lui N. D. Cocea, la "Reţeta fericirii" a lui Mircea Ştefănescu sau "Idolul şi Ion Anapoda" al lui Victor Ion Popa
Origine: Citato in http://enciclopediaromaniei.ro/wiki/Dina_Cocea, Enciclopedia Romaniei

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“I Genovesi si danno a me e io li dò al diavolo.”

Luigi XI di Francia (1423–1483) re di Francia

Origine: Citato in Federico Donaver, Storia della Repubblica di Genova, vol. II, Guido Mondani Editore, Genova, 1978, p. 223

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“Il diavolo stesso non può niente contro un uomo finché questi sa ridere.”

Origine: La storia di San Michele, p. 367

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“Ho sentito le valanghe cadere quasi ogni cinque minuti – come se Dio stesse scacciando il Diavolo dal paradiso a palle di neve.”

George Gordon Byron (1788–1824) poeta e politico inglese

Un vaso d'alabastro illuminato dall'interno

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“Una persona completa, all'occorrenza, sa mostrare la sua essenza di innocente angelo o pericoloso diavolo.”

Prevale (1983) disc jockey, produttore discografico e conduttore radiofonico italiano

Origine: prevale.net