“In altri paesi e in altre condizioni, in prigioni normali, il luogo di questo breve grido di disperazione è tenuto da una vera preghiera o dalla sottrazione di un giorno dalla condanna totale, perché è fin troppo comprensibile che un uomo, privato di tutto tranne che della speranza, incominci la sua giornata volgendo i pensieri alla speranza. I prigionieri sovietici sono stati privati perfino del conforto di sperare, perché nessuno di essi può mai sapere con certezza se la sua condanna avrà fine: e può ricordare centinaia di casi in cui le condanne sono state prolungate di altri dieci anni con un tratto di penna al Consiglio speciale della Nkvd a Mosca. Solo chi è stato in prigione può intendere tutto il crudele significato del fatto che, durante l'anno e mezzo che trascorsi nel campo, solo poche volte udii prigionieri contare ad alta voce il numero di anni, mesi, giorni e ore, che restavano ancora delle loro condanne. Questo silenzio si sarebbe detto un tacito accordo a non tentare la Provvidenza: quanto meno parlavamo delle nostre condanne, quanto meno nutrivamo la speranza di mai riacquistare la libertà, tanto più sembrava probabile che "proprio questa volta" ogni cosa sarebbe andata bene. La speranza racchiude il tremendo pericolo della disillusione. Nel nostro silenzio, alquanto simile al tabù che proibisce agli uomini di alcune tribù primitive di pronunziare i nomi delle divinità vendicatrici, l'umiltà si univa a una segreta rassegnazione, e al presentimento del peggio. Il disinganno era un colpo mortale per un prigioniero privo di questa armatura contro il fato.”
cap. III, p. 48
Un mondo a parte
Argomenti
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scrittore polacco 1919–2000Citazioni simili

“[…] non sperare senza disperazione e non disperare senza speranza.”
104, 12; 2000, p. 955
Epistulae morales ad Lucilium
“La condanna a vivere in queste condizioni è molto peggio che una condanna a morte.”