Frasi su razione

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema razione, stato, ancora, due-giorni.

Frasi su razione

“La volta che a San Siro scoppiò un grande applauso perché finalmente, dopo anni, aveva sbagliato un passaggio. O quell'altra che da fuori area colpì la traversa così forte, ma così forte, che il pallone rimbalzò oltre la metà campo e il Milan rischiò di prender gol in contropiede. Quante razioni di buonumore, caro vecchio Nils, e quante lezioni di calcio, in campo e fuori. Con quella maschera alla Buster Keaton e quell'italiano sussurrato che nemmeno dopo cinquant'anni e passa di residenza contemplava i verbi ausiliari e certe consonanti: loro abastansa bene; noi jocato melio. Un signore prima che un campione. Un educatore prima che un allenatore. Non c'era il gusto, o forse il vizio, delle statistiche ai tempi in cui giocava: ma non risulta che sia mai stato ammonito. Così come non c'è traccia di atteggiamenti men che composti nella sua lunga carriera di allenatore, altro che area tecnica tratteggiata col gesso come usa oggi dinanzi alla panchina: il massimo del compiacimento, piuttosto che del disappunto, erano le gambe che si scavallavano per riaccavallarsi dall'altra parte. Questo ovviamente non significava distacco, come ai tempi nostri della recita elevata a sistema si potrebbe pensare: semplice, quanto ferreo, autocontrollo nervoso. Quel matto di Altafini pensò di ripetere al barone lo scherzo riuscito l'anno prima con Rocco: rannicchiarsi tutto nudo nell'armadio dell'allenatore e saltar fuori urlando quando quello lo apriva. La differenza è che il Paròn era saltato per aria dallo spavento: Liedholm alzò un sopracciglio e ricordò al centravanti che il suo ripostiglio era un altro. Due scudetti da allenatore, Milan e Roma. Il primo nel '79, con un gioco offensivo imperniato su di un unico attaccante, Chiodi, la cui caratteristica principale era quella di non segnare mai. Il secondo nell'83, con il povero Di Bartolomei finto libero supportato dalla velocità di Vierchowod. Fu allora che Boniperti provò a chiamarlo alla Juventus: per sentirsi rispondere, grazie presidente, ma sarebbe tropo fascile. Quattro titoli da giocatore dopo l'oro olimpico a Londra '48 con la Svezia. Un maratoneta illuminato, lo stantuffo inesauribile al servizio del talento di Gren e della potenza di Nordhal. Chi ha visto giocare il trio svedese del Gre-No-Li, con tutto il rispetto per quello olandese a cavallo degli anni '90, ne conserva un ricordo insuperato. Chi ha ascoltato lo storico trio radiofonico di Tutto il calcio minuto per minuto, non avrà dimenticato che a dosare la verve dei due più celebri solisti, Enrico Ameri e Sandro Ciotti, c'era dallo studio centrale la voce di Roberto Bortoluzzi. Se n'è andato anche lui, nel pomeriggio di ieri, ultimo testimone di una grande stagione radiofonica che ha dispensato a generazioni di tifosi emozioni, gioie, sofferenze: con il timbro di una classe senza eguali.”

Gigi Garanzini (1948) giornalista, scrittore e conduttore radiofonico italiano

6 novembre 2007

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“Torino non era una copia in piccolo di Parigi anche perché, a differenza di questa, non fu città di sommosse, di barricate. È una città che produce eccentrici, solitari, genialoidi e talora tipi geniali, outsider, scrittori e pittori isolati, qualche anarchico ma teorico, di rado bombarolo, provoca omicidi e suicidi (per questi ultimi, una delle più alte, se non la più alta, percentuale italiana, in triste gara con Trieste, la città al confine opposto), ma la massa è di gente pacata, di sudditi, spesso brontoloni e ipercritici ma, alla fine, obbedienti. Nella sua storia non cacciò mai i suoi duchi e poi re, non complottò contro di essi. A differenza di Parigi, periodicamente sulle barricate, Torino insorse solo due volte. Ed entrambe non per fumosi obiettivi ideologici, ma per la concretezza del pane: nel 1864 quando, a tradimento, giunse il trasferimento della capitale; e nel 1917, quando lo Stato chiedeva di digiunare con le razioni di guerra e al contempo di faticare a ritmi accelerati nelle fabbriche che producevano per il fronte. Movimento ci fu anche negli ultimi giorni dell'aprile del 1945. Ma, pure qui, per una questione molto concreta: soprattutto per impedire la distruzione di impianti industriali, dal cui lavoro sarebbe dipesa la vita futura. Ancora una volta, al mito della «lotta di classe», prevalse la consapevolezza, dettata dal buon senso, che gli interessi degli imprenditori coincidevano con quelli dei dipendenti. Senza fabbriche, niente guadagni per il padrone; ma neanche pane per i lavoratori.”

cap. III
Il mistero di Torino

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“Nel 1970 in Parlamento furono votate leggi riguardanti le calamità naturali. Vengo a sapere adesso che non sono stati attuati i regolamenti di esecuzione di queste leggi. E mi chiedo: se questi centri di soccorso immediati sono stati istituiti, perché non hanno funzionato? Perché a distanza di 48 ore non si è fatta sentire la loro presenza in queste zone devastate? Non bastano adesso. Vi è anche questo episodio che devo ricordare, che mette in evidenza la mancanza di aiuti immediati. Cittadini superstiti di un paese dell'Irpinia mi hanno avvicinato e mi hanno detto: "Vede, i soldati ed i carabinieri che si stanno prodigando in un modo ammirevole e commovente per aiutarci, oggi ci hanno dato la loro razione di viveri perché noi non abbiamo di che mangiare". Non erano arrivate a quelle popolazioni razioni di viveri. Quindi questi centri di soccorso immediato, se sono stati fatti, ripeto, non hanno funzionato. Vi sono state delle mancanze gravi, non vi è dubbio, e quindi chi ha mancato deve essere colpito, come è stato colpito il prefetto di Avellino, che è stato rimosso giustamente dalla sua carica. Adesso non si può pensare soltanto ad inviare tende in quelle zone. Sta piovendo, si avvicina l'inverno, e con l'inverno il freddo. E quindi è assurdo pensare di ricoverarli, pensare di far passare l'inverno ai superstiti sotto queste tende. Bisogna pensare a ricoverarli in alloggi questi superstiti. E poi bisogna pensare a una casa per loro. Su questo punto io voglio soffermarmi, sia pure brevemente. Non deve ripetersi quello che è avvenuto nel Belice.”

Sandro Pertini (1896–1990) 7º Presidente della Repubblica Italiana

Dal discorso agli italiani https://www.youtube.com/watch?v=o1WChq0gQcA, TG2 Studio Aperto, 26 novembre 1980

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