Frasi su accezione

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema accezione, termine, parola, parola-chiave.

Frasi su accezione

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“Oltre ai significati storico-politici, la sostanza di questo dramma shakespeariano è fortemente psicologica, in quanto al centro del testo è posta la crisi – che psicanaliticamente definiremmo narcisistica – del protagonista, il quale è progressivamente condotto a fare i conti con il passaggio da una visione eroica di Sé come "anointed King", re di origine divina prescelto dal destino, a un'immagine infranta del suo Io […]. Nello scoprirsi subjected – termine da intendersi nella duplice accezione di "suddito", ma anche di "soggetto umano"”

Riccardo scopre la vanità (egli definirà hollow, "vuota", la sua corona) del suo essere e, di conseguenza, la fallacia della sua regalità legittima. Ciò che la crisi narcisistica del protagonista del dramma in ultima analisi esprime è un ben preciso messaggio di carattere culturale: alla crisi narcisistica di Riccardo fa da specchio un mutamento epocale, poiché il Re non è più tale in virtù della sua natura divina e trascendente, bensì in forza del consenso popolare e delle contingenze. Con Bolingbroke, possiamo ben dire, finisce il tempo della Cavalleria e ha inizio quello della modernità, aprendo la strada a una visione secolarizzata del potere umano e delle sue prerogative. Il capolavoro di Shakespeare fotografa questa mutazione radicale nello spirito e nella storia dell'Europa. (Cesare Catà, Eretico Potere Ieratico. Il Liber Augustalis di Federico II di Svevia e il Riccardo II di Shakespeare, in "Tabulae. Rivista del Centro Studi Federiciani", XXIV, (Dicembre 2012), pp. 137-158)
Riccardo II, Citazioni sull'opera

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“Il termine demokratía comincia a circolare verso la fine del VI secolo avanti Cristo, con una accezione prevalentemente dispregiativa. In entrambe le componenti della parola. Da un lato, infatti, krátos non significa affatto genericamente «potere» (come per lo più si ritiene), ma si riferisce piuttosto a quella forma di potere che scaturisce da, e si fonda su, l’uso della forza. Analogamente, il termine démos viene adoperato per denominare non la totalità della popolazione, ma quella parte, ancorché maggioritaria, del popolo, che è in possesso di alcuni requisiti. Le occorrenze di démos nel senso di regime popolare, cioè di democrazia, sono pochissime e si trovano concentrate nel celebre dibattito sulle costituzioni, svoltosi verso la metà del V secolo. Le altre attestazioni di démos si presentano sostanzialmente come valutazioni negative della democrazia, quali potevano essere espresse soprattutto dai suoi avversari, i quali contestavano a questa forma di governo il fatto di privilegiare i (molti) cattivi, rispetto ai pochi (buoni), ovvero di pretendere che a governare fosse una moltitudine indistinta, anziché gli áristoi, i «migliori». Insomma, pur nell’estrema variabilità di significati, da un lato demokratía indica il dominio coercitivo, esercitato con la forza, di quella parte del popolo che è il démos (con la drastica esclusione delle donne), mentre dall'altro lato essa esprime il sopravvento della componente quantitativamente, ma non qualitativamente, più significativa del popolo.”

Umberto Curi (1941) filosofo italiano
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“[Sfumatura] Una parola a cui sono molto legato e che in ogni sua accezione racconta quello che è la vita; sia quella che inconsciamente viviamo, sia quella che consciamente costruiamo per le vite dei nostri personaggi. Ecco! È un metro…”

Marco Palvetti (1988) attore italiano

Origine: Da un post https://www.facebook.com/577331148958067/photos/a.577332482291267.1073741825.577331148958067/1219371068087402/?type=3&theater su Facebook.com, 26 maggio 2016.

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“è qualcosa di bello, la distruzione delle parole. Naturalmente, c'è una strage di verbi e aggettivi, ma non mancano centinaia e centinaia di nomi di cui si può fare tranquillamente a meno. E non mi riferisco solo ai sinonimi, sto parlando anche dei contrari. Che bisogno c'è di una parola che è solo l'opposto di un'altra? Ogni parole già contiene in se stessa il suo opposto. Prendiamo "buono", che bisogno c'è di avere anche "cattivo"? "Sbuono" andrà altrettanto bene, anzi meglio, perché, a differenza dell'altra, costituisce l'opposto esatto di "buono". Anche se desideri un'accezione più forte di "buono", che senso hanno tutte quelle varianti vaghe e inutili : "eccellente", "splendido", e via dicendo? "Plusbuono" rende perfettamente il senso […].
Non capisci che lo scopo principale a cui tende la neolingua è quello di restringere al massimo la sfera di azione del pensiero? Alla fine renderemo lo psicoreato letteralmente impossibile, perché non ci saranno parole con cui poterlo esprimere […].
Tutta le letteratura del passato sarà distrutta: Chaucer, Shakespeare, Milton, Byron, esisteranno solo nella loro versione in neolingua […].
Anche la letteratura del partito cambierà, anche gli slogan cambieranno. Si potrà mai avere uno slogan come "La libertà è schiavitù", quando il concetto stesso di libertà sarà stato abolito? […].
Il pensiero non esisterà più, almeno non come lo intendiamo ora. Ortodossia vuol dire non pensare, non aver bisogno di pensare. Ortodossia e inconsapevolezza sono la stessa cosa.”

1984

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