Frasi di Gilbert Keith Chesterton
pagina 5

Gilbert Keith Chesterton è stato uno scrittore, giornalista e aforista inglese.

Scrisse un gran numero di opere di vario genere: romanzi, racconti, poesie, biografie e opere teatrali; amò molto il paradosso e la polemica. Fra le sue opere ricordiamo Il Napoleone di Notting Hill e la serie di romanzi che hanno come protagonista la figura di padre Brown.

✵ 29. Maggio 1874 – 14. Giugno 1936   •   Altri nomi Гилберт Кит Честертон, GK Chesterton
Gilbert Keith Chesterton photo
Gilbert Keith Chesterton: 482   frasi 126   Mi piace

Gilbert Keith Chesterton Frasi e Citazioni

“Dobbiamo asserire […] che [San Francesco] fu un poeta. […] Ma egli ebbe un privilegio negato a molti poeti; poté infatti chiamarsi il solo poeta felice fra i tanti poeti infelici del mondo. Tutta la sua vita fu una poesia, ed egli non fu tanto un menestrello che cantava semplicemente le proprie canzoni, quanto un drammaturgo capace di recitare per intero il suo dramma. […] Parlare dell'arte di vivere suona oggi artificiale più che artistico. Ma San Francesco rese in ogni senso la vita arte, per quanto un'arte involontaria. […] [A età avanzata, poiché stava per diventare cieco, gli prospettarono un rimedio orribile, che] consisteva nel cauterizzare l'occhio senza alcun anestetico. In altre parole, si dovevano bruciare i bulbi degli occhi con un ferro rovente. […] Quando fu preso il ferro dalla fornace, egli si levò con atteggiamento educato, e parlò come se si rivolgesse ad un essere invisibile: "Fratello fuoco, Dio ti ha creato bellissimo e forte e utile; ti prego d'essere cortese con me." Se c'è qualcosa che possa dirsi arte di vivere, a me pare che un simile momento sia uno dei suoi capolavori. Non a molti poeti è stato concesso di ricordare la propria poesia in un simile momento, ancor meno di vivere uno dei propri poemi. Perfino William Blake sarebbe stato sconvolto se, leggendo i nobili versi: "Tigre! Tigre! che splendente bruci!" un'enorme tigre viva del Bengala fosse apparsa alla finesta del suo cottage in Felpham, con la evidente intenzione di asportargli la testa.”

cap. VI, p. 68
Francesco d'Assisi

“[San Francesco] non confondeva la folla con i singoli uomini. Ciò che distingue questo autentico democratico da qualunque altro semplice demagogo è che egli mai ingannò o fu ingannato dall'illusione della suggestione di massa. Qualunque fosse il suo gusto per i mostri, egli non vide mai dinanzi a sé una bestia dalle molteplici teste. Vide unicamente l'immagine di Dio, moltiplicata ma mai ripetitiva. Per lui un uomo era sempre un uomo, e non spariva tra la folla immensa più che in un deserto. […] Nessun uomo guardò negli occhi bruni ardenti senza essere certo che Francesco Bernardone si interessasse realmente a lui, alla sua vita intima, dalla culla alla tomba, e che venisse da lui valutato e preso in considerazione. […] Ora, per questa particolare idea morale e religiosa non c'è altra espressione esteriore che quella di "cortesia". "Interessamento" non può esprimerla, perché non è un semplice entusiasmo astratto; "beneficenza" nemmeno, perché non è una semplice compassione. Può solo essere comunicata da un comportamento sublime, che può appunto dirsi cortesia. Possiamo dire, se vogliamo, che San Francesco, nella scarna e povera semplicità della sua vita, si aggrappò a un unico cencio della vita del lusso: le maniere di corte. Ma mentre a corte c'è un solo re e una folla di cortigiani, nella sua storia c'era un solo cortigiano attorniato da centinaia di re.”

cap. VI, p. 73
Francesco d'Assisi

“Una volta mi limitavo a ringraziare Babbo Natale per pochi soldi e qualche biscotto. Ora, lo ringrazio per le stelle e le facce in strada, e il vino e il grande mare.”

Origine: Da una lettera al Tablet di Londra; riportato in Perché io credo ancora a Babbo Natale. Ho semplicemente esteso l'idea http://www.tempi.it/perche-io-credo-ancora-a-babbo-natale-ho-semplicemente-esteso-lidea#.VnN1v_nhDIV, Tempi, 19 dicembre 2014.

“Un modo costoso di giocare alle biglie.”

da Golf, Life, 3 settembre 1914

“Sì, – esclamò lo straniero, raccogliendo questa parola.”

Generoso inglese, voi avete ragione. Un'idea luminosa, ma molto scottante. Mi avete domandato, señor, perché, nel mio desiderio di veder riuniti i colori della mia patria io abbia mescolato sangue e carta. Ma non comprendete dunque l'antica santità dei colori? La Chiesa ha i suoi colori simbolici. Ora, pensate che cosa significhino questi colori per noi, pensate quale sia la condizione di un uomo che, come noi, non può veder altro che questi due colori, e non conosce che il rosso e il giallo. Per gli uomini tutte le forme si equivalgono, tutte le cose, nobili e volgari, formano una democrazia di combinazioni. Ma dovunque la veste rossa d'una vecchia contadina spicca in un campo di gemme d'oro, io vedo il Nicaragua. Dovunque io veda un po' di sabbia gialla in un campo di papaveri, vedo il Nicaragua. Ogni qualvolta vedo un limone e un rosso tramonto di sole, vedo la mia patria; e quando vedo una cassetta rossa per le lettere e un giallo tramonto, il cuore mi batte. Basta del sangue con un po' di mostarda al mio blasone; e se trovo in un fosso del fango giallo e rosso, il fosso mi diventa più caro delle stelle. (p. 48)
Il Napoleone di Notting Hill

“Vi sono due generi di idealisti – disse.”

Quelli che idealizzano la realtà, e quelli, più rari, che convertono in realtà l'ideale." (1962, p. 201)
L'osteria volante