Frasi di Lev Nikolajevič Tolstoj
281 frasi che esplorano la saggezza e l'essenza della vita

Scoprite la saggezza di Leone Tolstoj, un genio della letteratura. Esplorate le sue profonde citazioni sull'auto-riflessione, la pazienza, l'amore e l'essenza della vita. Immergetevi nella natura umana e nello sviluppo personale.

Lev Tolstoj è stato un famoso scrittore e filosofo russo. È diventato celebre per i suoi romanzi Guerra e pace e Anna Karenina, che hanno ottenuto un grande successo sia in patria che all'estero. Oltre alla sua carriera letteraria, Tolstoj si è interessato anche all'educazione e all'attivismo sociale. Ha espresso il suo pensiero attraverso numerosi saggi e lettere, ispirando la condotta nonviolenta di persone come Mahatma Gandhi. La sua opera è caratterizzata da una profonda introspezione dei personaggi e da una riflessione morale sui temi della vita e della guerra.

✵ 28. Agosto 1828 – 7. Novembre 1910   •   Altri nomi Lev Tolstoj, Lev N. Tolstoj, Лев Толстой
Lev Nikolajevič Tolstoj photo

Lavori

Anna Karenina
Anna Karenina
Lev Nikolajevič Tolstoj
Guerra e pace
Lev Nikolajevič Tolstoj
Che cosa è l'arte?
Lev Nikolajevič Tolstoj
Sonata a Kreutzer
Lev Nikolajevič Tolstoj
Resurrezione
Lev Nikolajevič Tolstoj
Della vita
Lev Nikolajevič Tolstoj
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Lev Nikolajevič Tolstoj frasi celebri

Frasi sulla vita di Lev Nikolajevič Tolstoj

“La vita è un sonno, la morte è il risveglio.”

Origine: Dal Ciclo di letture, 7 novembre; citato in Lev L'vovič Tolstoj, p. 137.

Frasi sugli uomini di Lev Nikolajevič Tolstoj

“Perché non vi siano né l'oppressione del popolo né le inutili guerre, e perché nessuno s'indigni più contro coloro che sembrano essere i colpevoli di tutto ciò, occorrerebbe in realtà ben poco, e precisamente e unicamente che gli uomini capiscano come stanno veramente le cose, e le chiamino con il loro nome; e sappiano che un esercito è uno strumento d'omicidio e che il costruire e comandare un esercito – ovverosia ciò di cui si occupano con tanta disinvoltura i re, gli imperatori, i presidenti – è soltanto una preparazione all'omicidio.
Basterebbe che ogni re, imperatore, o presidente comprendesse che i suoi doveri di comandante in capo delle forze armate non sono affatto un incarico onorevole e importante, come gli fan credere i suoi adulatori, bensì un malvagio e vergognoso prepararsi all'omicidio; e che ogni privato cittadino comprendesse che il pagamento delle tasse, con le quali si arruolano e si armano i soldati, e a maggior ragione il prestar servizio militare, non sono affatto azioni senza importanza, bensì azioni malvagie e vergognose, e costituiscono non soltanto una connivenza ma una vera e propria complicità ad un omicidio – e subito si vanificherebbe da sé tutto quel potere degli imperatori, dei presidenti e dei re che tanto ci indigna, e per il quale adesso si continua ad assassinarli.
Per cui non occorre assassinare gli Alessandri, i Carnot, gli Umberti e gli altri, ma occorre spiegar loro che sono essi stessi degli assassini, e occorre soprattutto non permettere loro di assassinare altra gente, rifiutare di assassinare su loro comando.”

“Una delle più penose condizioni per i gelosi (e gelosi sono tutti nella nostra vita di società) è trovarsi costretti a quelle relazioni mondane che mettono in una grande e pericolosa intimità gli uomini e le donne. Bisogna diventar ridicoli oppure permettere l'intimità nei balli, l'intimità tra i medici e le loro clienti, l'intimità con gli artisti, i pittori e specialmente i musicisti. Le persone si occupano insieme della più nobile tra le arti, la musica: perciò è necessaria quella tale intimità, e quell'intimità non ha nulla di biasimevole: soltanto un marito scioccamente geloso può vedervi qualcosa di male. E intanto tutti sanno che proprio a mezzo di occupazioni, e specialmente della musica, avviene la maggior parte degli adultèri nel nostro mondo. Evidentemente li avevo messi nella medesima situazione penosa nella quale mi trovavo io: per un pezzo non mi riuscì di dir nulla. Ero come una bottiglia capovolta dalla quale l'acqua non esce perché è troppo piena. Volevo ingiuriarlo, scacciarlo, ma invece sentivo che dovevo invece mostrarmi amabile e affettuoso con lui. E così feci. Finsi di approvare tutto, per quello stesso strano sentimento che mi obbligava a rivolgermi a lui con tanta maggiore gentilezza quanto più la sua presenza mi era penosa. Gli dissi che mi affidavo al suo gusto e consigliai lo stesso a mia moglie. Egli rimase ancora un poco, quanto bastava per cancellare la sgradevole impressione che aveva prodotto la mia subitanea entrata nella stanza, con quel viso stravolto e quel mio silenzio, e poi se ne andò, figurando di aver finalmente deciso quel che si dovesse suonare. Io ero interamente persuaso che a paragone di ciò che li preoccupava la questione dei pezzi da suonare era per loro senza alcuna importanza.”

cap. XXI, 1968

Lev Nikolajevič Tolstoj: Frasi popolari

Lev Nikolajevič Tolstoj Frasi e Citazioni

“Non si può essere buoni a metà.”

Origine: Citato in Saggezza dell'Oriente, p. 36

“Dove va l'ago va anche il filo.”

Origine: Da Ivàn lo scemo, cap. IX, p. 62.
Origine: Nel contesto del racconto, questa frase significa che la moglie deve seguire il marito; difatti è stata ampliata in questo senso («Dove va l'ago va anche il filo, la moglie segua il marito») in un adattamento per la cultura indiana (cfr. Prem Chand, Racconti per contadini – I racconti di Tolstoj, Mimesis, Milano, 1999, p. http://books.google.it/books?id=qseisUqBV2wC&pg=RA1-PA167. ISBN 8887231427).

“Un fanciullo amava molto il pollo e aveva gran paura dei lupi. Una sera, mentre dormiva sul suo letto, fece un sogno: egli era solo nella foresta e cercava funghi. A un tratto, un lupo balzò da una macchia e si gettò su di lui. Spaventato, il fanciullo si mise a gridare: «Aiuto! Aiuto! Mi vuol mangiare!».Il lupo gli disse: «Aspetta a gridare: io non ti mangerò, voglio soltanto discutere con te».
E il lupo si mise a parlare come fosse un uomo.
Disse: «Tu hai paura che io ti mangi. Ma tu? Non ti piacciono forse i polli?».
«Sì!».
«Eppure li mangi, perché? Essi sono vivi come te, i piccoli polli. Va a vedere la mattina, come li pigliano, come il cuoco li porta in cucina e taglia loro il collo, e ascolta la loro madre gridare perché le hanno tolto i suoi piccini. Non hai mai osservato tutto questo?».
«No», rispose il fanciullo.
«No, davvero? Ebbene, guarda meglio! Del resto, per ora, sono io che ti mangerò. A modo tuo, tu non sei altro che un piccolo pollo: è deciso, ti mangerò».
Il lupo si gettò sul fanciullo che gridò spaventato: «Ahi! Ahi! Ahi!».
E si svegliò.
Da quel giorno, egli smise di mangiar carne: fosse di bue, di montone o di pollo.”

Origine: Favola registrata da Tolstoj il 19 luglio 1908 con un fonografo inviatogli in dono da Thomas Edison nello stesso anno, e pubblicata nel 1909 sulla rivista Il faro. Traduzione di Gianfranco Giorgi; citato in Perché sono vegetariano, pp. 16-17.

“Volevo il movimento, non un'esistenza quieta. Volevo l'emozione, il pericolo, la possibilità di sacrificare qualcosa al mio amore. Avvertivo dentro di me una sovrabbondanza di energia che non trovava sfogo in una vita tranquilla.”

fonte 25
Variante: Volevo il movimento, non un'esistenza quieta. Volevo l'emozione, il pericolo, la possibilità di sacrificare qualcosa al mio amore. Avvertivo dentro di me una sovrabbondanza di energia che non trovava sfogo in una vita tranquilla

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