Frasi su magazzino

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema magazzino, grande, essere, piccolo.

Frasi su magazzino

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“Ai grandi magazzini le signore non devono lasciare giù le borsette e allora perché dovrei farlo io?”

Andy Warhol (1928–1987) pittore, scultore, regista, produttore cinematografico, direttore della fotografia, attore, sceneggiatore e…

La cosa più bella di Firenze è McDonald's

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“Lovborg in seguito si risposò parecchie volte, ma sempre con manichini dei grandi magazzini.”

Woody Allen (1935) regista, sceneggiatore, attore, compositore, scrittore e commediografo statunitense

2004
Senza piume (Without Feathers), Considerazioni sulle donne di Lovborg

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“Dove si trova la conoscenza? I bambini di solito cominciano con il dare per scontato che l'insegnante possieda la conoscenza e la trasmetta alla classe. Se si creano le condizioni opportune, imparano presto che anche altri componenti della classe potrebbero possedere delle conoscenze, e che queste conoscenze possono essere condivise. (Naturalmente lo sanno fin dall'inizio, ma solo riguardo ad argomenti spiccioli.) In questa seconda fase, la conoscenza esiste nel gruppo – ma in modo inerte. È possibile allora vedere la discussione di gruppo come un modo di creare conoscenza invece che semplicemente come un modo per scoprire chi possiede quali conoscenze?
C'è un ulteriore passo da compiere, che ci porta a toccare uno degli aspetti più profondi della conoscenza umana. Se nessun membro del gruppo "sa" la risposta, dove si può andare a "scovarla"? È il balzo che porta a concepire la cultura come un magazzino, come un deposito di attrezzi o qualcosa di simile. Esistono cose note a tutti gli individui (più di quante essi stessi sappiano); più cose ancora sono conosciute dal gruppo possono essere scoperte tramite una discussione all'interno del gruppo; e molte più ancora sono immagazzinate in qualche altro posto – nella "cultura", per esempio nella testa delle persone più colte, nei manuali, nei libri, nelle mappe e così via. Per definizione, praticamente nessuno in una cultura sa tutto quello che c'è da sapere su di essa. E allora cosa dobbiamo fare quando non sappiamo come andare avanti? E quali sono i problemi che incontriamo nel reperire la conoscenza che ci serve?
Se sappiamo rispondere a questa domanda siamo sulla buona strada per capire cos'è una cultura. Non ci vorrà molto perché un bambino cominci a capire che la conoscenza è potere, o che è una forma di ricchezza, o che è una rete di sicurezza.”

Jerome Bruner (1915–2016) psicologo statunitense

da La cultura dell'educazione, Feltrinelli, Milano, 1997, pp. 64-65

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“[Parlando dell'arte contemporanea e del Maxxi] Non vorrei fare Sgarbi, ma il quadro – purtroppo io sono un italiano che lo capisce meglio – è un quadro di ladri, di incapaci, di ignoranti, di architetti da galera, i cui nomi non voglio neanche dirli perché li ho già detti; pensa soltanto che a Milano abbiamo il Monumento "all'Ago e al Filo" del grande artista americano Oldenburg in piazza Cadorna con un orrore di Gae Aulenti che deforma una piazza che era una piazza civile. Non so se hai visto il Museo di Messina: il Museo di Messina è un luogo bellissimo, quello che c'è, un edificio storico; quel cesso che hanno fatto, una scatola di merda, non è neanche un magazzino, miliardi agli architetti! Fuksas, che è un distruttore e un fascista, prende 22 miliardi di parcella, neanche Bramante, Palladio, Michelangelo hanno preso tanto. In galera! Altro che Bertolaso per la casa da 1.500 euro al mese. Architetti ladri! Distruttori! Detto questo, però, non voglio fare Sgarbi, ma siccome conosco tutto, tu non hai idea di come è bello un museo povero. E posso dirti che io che ho fatto il più bel museo d'Italia e l'ho aperto in tre mesi, prendendoli a calci nel culo, solo con i ragazzi che lavoravano con me, ho speso, per il Museo della Mafia, 60.000 euro. Stella, che non è mai stato mio amico ma, insomma, è sempre stato il severo censore, è rimasto sedotto dal fatto che un museo bellissimo con un artista formidabile, che si chiama Inzirillo, con tante cose che verrete a vedere, spero, […] è costato 60.000 euro […] Sai quanto è costato il cesso di Zaha Hadid? 160 milioni di euro! Per un monumento a una troia irachena! […] Tu non vieni da noi, a distruggere l'Italia, per farti un monumento! Che non serve a niente! E a spendere 50 milioni di euro di opere di merda! Di opere di merda! Perché se non hai i soldi per il Colosseo, è perché hai comprato Andy Warhol, Gilbert & George, dei cacatori di merda! […] Fuksas, guarda, è bene che non venga, perché calci nel culo, in galera deve andare! In galera! In galera! Ci sono i soldi, vengono buttati! […] Ai tempi di Andreotti c'erano 40 miliardi per il Colosseo, 20 milioni di euro; oggi ne occorrono 17. Perché hanno speso… Roma ha bisogno di un museo d'arte contemporanea, 160 milioni di euro, e non ha bisogno del Colosseo? Il problema della spesa pubblica è capire che cosa è importante fare e non buttare i soldi. Lì, tra gli acquisti e il museo, hanno speso 220 milioni di euro per la merda d'artista.”

Vittorio Sgarbi (1952) critico d'arte, politico e opinionista italiano

da L'ultima parola, 5 giugno 2010
Da programmi televisivi

“Di confidenza [in Dio] bisogna averne un magazzino, per poterla infondere nelle anime.”

Giuseppe Allamano (1851–1926) presbitero italiano

La vita spirituale

“I sacerdoti devono possedere un magazzino di speranza per darne agli altri.”

Giuseppe Allamano (1851–1926) presbitero italiano

La vita spirituale

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“E dire che qua a Cerignola vanno matti per sentirmi suonare e non sanno che se avessi io il mio pianoforte e studiassi, suonerei cento volte meglio d'adesso. Qua non ci sono magazzini da prendere a nolo strumenti; bisognerebbe comprarlo a Napoli o a Bari.”

Pietro Mascagni (1863–1945) compositore e direttore d'orchestra italiano

dalla lettera alla zia, Cerignola, 19 gennaio 1889
Origine: Citato in Mario Morini, Cavalleria Rusticana e un carteggio di Mascagni, Stagione d'opera 1990-91, E. A. Teatro di San Carlo, Napoli, 1990.

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“Quando l'essere umano è sentito come qualcosa di scomponibile e sostituibile nelle sue parti, è già inesorabilmente ridotto a cosa e ogni cosa ha necessariamente il suo prezzo e il suo mercato.”

Sergio Quinzio (1927–1996) teologo e aforista italiano

da I magazzini dell'orrore http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0955_01_1988_0008_0001_12925628/, La Stampa, 10 gennaio 1988

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“Abbiamo edifici più alti ma temperamenti più corti, strade più larghe ma punti di vista più ristretti; spendiamo di più ma abbiamo di meno; compriamo di più, ma gustiamo di meno; abbiamo case più grandi e famiglie piccole; più comodità, ma meno tempo; abbiamo più lauree ma meno buon senso; più conoscenza ma meno criterio; più specialisti, ma ancora più problemi; abbiamo più gadgets ma meno soddisfazione; più medicine, ma meno benessere; assumiamo più vitamine ma vediamo meno risultati. Beviamo troppo; fumiamo troppo; spendiamo troppo incautamente; ridiamo troppo poco; guidiamo in maniera spericolata; ci arrabbiamo troppo; rimaniamo alzati fino a tardi; ci svegliamo troppo stanchi; leggiamo troppo poco, guardiamo troppo la TV e preghiamo raramente.
Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà, ma ridotto i nostri valori; voliamo con aerei più veloci per arrivare presto, per fare meno e tornare prima; firmiano più contratti solo per realizzare meno profitti; parliamo troppo; amiamo troppo poco e mentiamo troppo spesso; abbiamo imparato a condurre un'esistenza, ma non una vita; abbiamo aggiunto anni alla vita, non vita agli anni. Abbiamo raggiunto la Luna e ne siamo tornati, ma abbiamo problemi ad attraversare la strada per incontrare un nuovo vicino; abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non quello interiore; abbiamo fatto cose più grandi, ma non migliori; abbiamo pulito l'aria, ma inquinato l'anima; abbiamo separato l'atomo, ma non il nostro pregiudizio; scriviamo di più, ma impariamo di meno; pianifichiamo di più, ma realizziamo di meno; facciamo aerei più veloci, ma linee più lunghe; abbiamo imparato ad affrettarci, ma non ad aspettare; abbiamo più armi ma meno pace; redditi maggiori ma meno moralità; più feste, ma meno divertimento; più cibo ma meno appagamento; più conoscenze, ma meno amicizie; più fatica me meno successo. Costruiamo più computer per contenere più informazioni e produrre più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno; guidiamo macchine più piccole che hanno grandi problemi; costruiamo grandi fabbriche che producono di meno. Ci siamo allargati nella quantità, ma accorciati nella qualità. Questi sono i tempi dei fast food e della digestione lenta; uomini alti ma con carattere debole; profitti esorbitanti e relazioni poco profonde. Questi sono i tempi di pace nel mondo, ma di guerriglia domestica; più piacere e meno divertimento; francobolli più costosi, ma spedizioni più lente; più varianti di cibo, me meno nutrizione. Questi sono i giorni dei due stipendi in famiglia, ma più divorzi; questi viaggi brevi, pannolini usa e getta, soggiorni di cartone, moralità usa e getta, esperienze di una notte, fisici sovrappeso, pillole che fanno tutto dal rallegrarti, a prevenire, rilassare o uccidere. E' una epoca in cui c'e' molto in vetrina e poco in magazzino.”

Words Aptly Spoken (1995)

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“Insomma gli schidioni della cintura di castità erano ancora nel magazzino delle idee compossibili. O servivano ai rosticceri di via Larga, da infilarci dei polli.”

Carlo Emilio Gadda (1893–1973) scrittore italiano

fine di Un'orchestra di 120 professori [parte ultima]: p. 196
Un fulmine sul 220

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“Ho smesso di credere a Babbo Natale quando avevo sei anni. Mamma mi portò a vederlo ai grandi magazzini e lui mi chiese l'autografo.”

Shirley Temple (1928–2014) attrice statunitense

citata in Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano – Anno secondo, Ed. Baldini & Castoldi

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