Frasi di Rainer Maria Rilke
58 frasi che ispirano saggezza e riflessione sulla bellezza e complessità della vita

Esplorate la profonda saggezza di Rainer Maria Rilke attraverso citazioni che fanno riflettere, scoprendo le complessità della vita. Dall'abbracciare la bellezza dell'esistenza al trovare conforto nelle domande senza risposta, le sue parole ispirano coraggio, amore e un cuore aperto al viaggio della vita.

Rainer Maria Rilke, nome completo René Karl Wilhelm Johann Josef Maria Rilke, è stato uno scrittore, poeta e drammaturgo austriaco di origine boema. È considerato uno dei più importanti poeti di lingua tedesca del XX secolo. Autore di opere sia in prosa che in poesia, è famoso soprattutto per le Elegie duinesi, i Sonetti a Orfeo e i Quaderni di Malte Laurids Brigge.

Nato a Praga nel 1875, Rilke crebbe in una famiglia agiata. Dopo un periodo difficile trascorso presso la scuola militare, si dedicò alla scrittura e alla letteratura. Nel corso della sua vita viaggiò molto tra diverse città europee, tra cui Vienna, Parigi e Berlino. Durante i suoi viaggi entrò in contatto con importanti figure artistiche dell'epoca, come Lou Andreas-Salomé e Auguste Rodin. La sua produzione artistica si distingue per uno stile poetico raffinato e un'intensa introspezione emotiva. Rilke morì nel 1926 a causa di una grave malattia.

La sua eredità letteraria continua ad essere celebrata ancora oggi ed è considerato uno dei grandi maestri della poesia modernista tedesca. Le sue opere sono caratterizzate da una profonda ricerca spirituale e filosofica e trattano temi universali come l'amore, la morte e il significato della vita umana. La sua poesia è apprezzata per la sua bellezza formale e l'intensità delle immagini evocate dalle sue parole.

✵ 4. Dicembre 1875 – 29. Dicembre 1926
Rainer Maria Rilke photo

Lavori

Letters to a Young Poet
Rainer Maria Rilke
Elegie duinesi
Elegie duinesi
Rainer Maria Rilke
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Rainer Maria Rilke frasi celebri

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Frasi sulla vita di Rainer Maria Rilke

“La vita ha ragione, in ogni caso.”

Lettere a un giovane poeta

“Bisognerebbe saper attendere, raccogliere, per una vita intera e possibilmente lunga, senso e dolcezza, e poi, proprio alla fine, si potrebbero forse scrivere dieci righe valide. Perché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti (che si acquistano precocemente), sono esperienze. Per scrivere un verso bisogna vedere molte città, uomini e cose, bisogna conoscere gli animali, bisogna capire il volo degli uccelli e comprendere il gesto con cui i piccoli fiori si aprono al mattino. Bisogna saper ripensare a itinerari in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e congedi previsti da tempo, a giorni dell'infanzia ancora indecifrati, ai genitori che eravamo costretti a ferire quando portavano una gioia e non la comprendevamo (era una gioia per qualcun altro), a malattie infantili che cominciavano in modo così strano con tante profonde e grevi trasformazioni, a giorni in stanze silenziose e raccolte e a mattine sul mare, al mare sopratutto, a mari, a notti di viaggio che passavano con un alto fruscio e volavano assieme alle stelle - e ancora non è sufficiente poter pensare a tutto questo. Bisogna avere ricordi di molte notti d'amore, nessuna uguale all'altra, di grida di partorienti e di lievi, bianche puerpere addormentate che si rimarginano. Ma bisogna anche essere stati accanto ad agonizzanti, bisogna essere rimasti vicino ai morti nella stanza con la finestra aperta e i rumori intermittenti. E non basta ancora avere ricordi. Bisogna saperli dimenticare, quando sono troppi, e avere la grande pazienza di attendere che ritornino. Perché i ricordi in sé ancora non sono. Solo quando diventano sangue in noi, sguardo e gesto, anonimi e non più distinguibili da noi stessi, soltanto allora può accadere che in un momento eccezionale si levi dal loro centro e sgorghi la prima parola di un verso.”

The Notebooks of Malte Laurids Brigge

“Oggi ti vorrei raccontare un poco di Cézanne. Per quanto riguarda il lavoro, così afferma, ha vissuto da bohémien fino a quarant'anni. Solo più tardi, con la conoscenza di Pissarro, ha preso gusto al lavoro. Ma, allora, fino al punto di passare gli ultimi trent'anni della sua vita non facendo altro che lavorare. Senza gioia invero, come sembra, con una rabbia incessante, in conflitto con ogni sua singola opera, perché nessuna di esse gli sembrava raggiungere ciò che egli riteneva essere la cosa più indispensabile. La chiamava la réalisation, e la trovava nei "veneziani" che aveva visto e rivisto al Louvre e apprezzava incodizionalmente. Il convincente, il farsi cosa. La realtà sublimata fino a divenire indistruttibile attraverso la propria esperienza dell'oggetto, era questo che gli pareva l'intento più intimo del suo lavoro; vecchio, malandato, ogni sera consunto fino allo spasimo dal regolare lavoro giornaliero (tanto che spesso andava a dormire alle sei, all'imbrunire, dopo una cena mandata giù distrattamente), arrabbiato, diffidente, deriso ogni qual volta si recava al suo atelier, schernito, maltrattato… sperava un giorno, di raggiungere quel compimento che egli sentiva come l'unico essenziale. In tal modo […] egli aveva esacerbato le difficoltà del suo lavoro nella maniera più ostinata… si muoveva avanti e indietro nel suo studio, che aveva la luce sbagliata, in quanto il capomastro non aveva ritenuto necessario dare ascolto a quel vecchio bizzarro che ad Aix erano tutti d'accordo nel non prendere sul serio […].”

Lettera a Clara, 9 ottobre 1907
Lettere su Cézanne

Rainer Maria Rilke: Frasi popolari

“Io imparo a vedere.”

I quaderni di Malte Laurids Brigge

Rainer Maria Rilke Frasi e Citazioni

“Accetta dunque, mia cara mamma, un bacio con tutto il cuore nella solenne ora di Natale, la più pacata dell'anno, la più misteriosa, in cui i desideri ancora ignari si tendono fino all'estremo e vengono per prodigio esauditi: trascorrila nel profondo, grande raccoglimento del Tuo cuore, abbandona ogni dubbio e incomprensione: in quest'ora abbiamo un posticino dentro di noi dove siamo semplicemente bambini, che attende e sta là, fiducioso e mai confuso, nel suo diritto a una grande gioia: questo è il Natale.”

Variante: Accetta dunque [... ] un bacio con tutto il cuore nella solenne ora di Natale, la più pacata dell'anno, la più misteriosa, in cui i desideri ancora ignari si tendono fino all'estremo e vengono per prodigio esauditi: [... ] abbandona ogni dubbio e incomprensione: in quest'ora abbiamo un posticino dentro di noi dove siamo semplicemente bambini, che attende e sta là, fiducioso e mai confuso, nel suo diritto a una grande gioia: questo è il Natale.
Origine: Da Lettere di Natale alla madre, 1900-1925; citato in Aa.Vv., Pensieri di Natale, a cura di Luigi La Rosa, BUR, Milano, 2005, p. 46. ISBN 88-17-00896-6

“Era un poeta e odiava l'approssimazione.”

Origine: Da I quaderni di Malte Laurids Brigge, 1910.

“Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi, molto prima che accada.”

Lettere a un giovane poeta
Origine: Da Lettera del 12 agosto 1904; in Lettere a un giovane poeta, traduzione di Leone Traverso, Adelphi, 1980, p. 55.

“Oh, ma con i versi si fa ben poco, quando li si scrive troppo presto. Bisognerebbe aspettare e raccogliere senso e dolcezza per tutta una vita e meglio una lunga vita, e poi, proprio alla fine, forse si riuscirebbe poi a scrivere dieci righe che fossero buone. Poiché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti (che si hanno già presto), sono esperienze. Per un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose, si devono conoscere gli animali, si deve sentire come gli uccelli volano, e sapere i gesti con cui i fiori si schiudono al mattino. Si deve poter ripensare a sentieri in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e a separazioni che si videro venire da lungi, a giorni d'infanzia che sono ancora inesplicati, ai genitori che eravamo costretti a mortificare quando ci porgevano una gioia e non la capivamo (era una gioia per altri), a malattie dell'infanzia che cominciavano in modo così strano con tante trasformazioni così profonde e gravi, a giorni in camere silenziose, raccolte, e a mattine sul mare, al mare, a mari, a notti di viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano con tutte le stelle, e non basta ancora poter pensare a tutto ciò. Si devono avere ricordi di molte notti d'amore, nessuna uguale all'altra, di grida di partorienti, e di lievi, bianche puerpere addormentate che si richiudono. Ma anche presso i moribondi si deve essere stati, si deve essere rimasti presso i morti nella camera con la finestra aperta e i rumori che giungono a folate. E anche avere ricordi non basta. Si deve poterli dimenticare, quando sono molti, e si deve avere la pazienza di aspettare che ritornino. Poiché i ricordi di per se stessi ancora non sono. Solo quando divengono in noi sangue, sguardo e gesto, senza nome e non più scindibili da noi, solo allora può darsi che in una rarissima ora sorga nel loro centro e ne esca la prima parola di un verso.”

The Notebooks of Malte Laurids Brigge

“E tutto tacque. Eppure in quel tacere s'avanzò nuovo inizio, cenno e mutamento.”

Origine: Da Sonetti a Orfeo, Garzanti Libri, 2006.

“Essere amati, è passare. Amare, è durare.”

Origine: Da I quaderni di Malte Laurids Brigge; citato in Vincenzo Errante, Rilke: storia di un'anima e di una poesia, Sansoni, 1947.

“Il bello è solo l'inizio del tremendo.”

Origine: Da Elegie duinesi, Prima Elegia.

“[Ultime parole] Oh vita, vita, poter uscire.”

Origine: Citato in Umberto Veronesi, L'ombra e la luce: La mia lotta contro il male, Einaudi, Torino, 2008, p. 83. ISBN 978-88-06-19501-0

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