Frasi di Niccolo Machiavelli
Frasi di Niccolò Machiavelli: 127 preziose lezioni sulla vita e leadership

Scoprite la profonda saggezza di Niccolò Machiavelli su relazioni, adattabilità, potere, inganno e natura umana. Approfondite le sue famose citazioni per trarre preziose lezioni sulla vita e sulla leadership.

Niccolò Machiavelli, noto anche come Niccolò di Bernardo dei Machiavelli, è stato un poliedrico scrittore e politico italiano del Rinascimento. Ha ricoperto il ruolo di segretario della cancelleria della Repubblica Fiorentina durante il periodo dal 1498 al 1512.

Considerato uno dei grandi uomini universali come Leonardo da Vinci, Machiavelli ha avuto un ruolo controverso nella Firenze governata dalla famiglia Medici. È noto come il fondatore della scienza politica moderna e i suoi principi emergono chiaramente dalla sua opera più famosa, Il Principe. In questo libro viene presentato il concetto di ragion di stato e la concezione ciclica della storia. Il termine "machiavellico" è diventato sinonimo di una mente acuta e sottile ma anche senza scrupoli, sebbene negli ambiti letterari si preferisca usare l'aggettivo "machiavelliano".

L'ortografia del cognome di Machiavelli è ambigua, tanto che lo stesso filosofo utilizzava la "ch" sia per il proprio nome che per il cognome quando firmava.

✵ 3. Maggio 1469 – 21. Giugno 1527
Niccolo Machiavelli photo

Lavori

Il Principe
Il Principe
Niccolo Machiavelli
Dell'arte della guerra
Niccolo Machiavelli
Clizia
Niccolo Machiavelli
Decennali
Decennali
Niccolo Machiavelli
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Niccolo Machiavelli frasi celebri

“[…] sono tanto semplici gli uomini, e tanto ubbidiscono alle necessità presenti, che colui che inganna, troverà sempre chi si lascerà ingannare.”

cap. XVIII
Il principe
Variante: Sono tanto semplici gli uomini, e tanto ubbidiscono alle necessità presenti, che colui che inganna, troverà sempre chi si lascerà ingannare.

Niccolo Machiavelli frase: “[Regola] Può la disciplina nella guerra più che il furore.”

“[Regola] Può la disciplina nella guerra più che il furore.”

Fabrizio: libro settimo, p. 378
Dell'arte della guerra

Frasi sugli uomini di Niccolo Machiavelli

“[…] gli uomini si debbono o vezzeggiare o spegnere, perché si vendicano delle leggieri offese; delle gravi non possono: sicché l'offesa che si fa all'uomo, deve essere in modo, che ella non tema la vendetta.”

cap. III
Il principe
Origine: Citato in Criminal Minds, stagione 6, episodio 6, La notte del diavolo: «Niccolò Machiavelli ha scritto: "L'offesa che si fa all'uomo deve essere tanto grande da non temere la vendetta".»

Niccolo Machiavelli: Frasi popolari

“Il fine giustifica i mezzi.”

Attribuite

Niccolo Machiavelli Frasi e Citazioni

“[…] dove men si sa, più si sospetta.”

v. 66
I capitoli, Dell'Ingratitudine

“Ognuno vede quello che tu pari, pochi sentono quello che tu se'.”

cap. XVIII
Variante: Ognuno vede quello che tu pari, pochi sentono quello che tu se

“Venuta la sera, mi ritorno in casa, et entro nel mio scrittoio; et in su l'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango, et di loto, et mi metto panni reali et curiali; et rivestito condecentemente entro nelle antique corti degli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo, che solum è mio, et che io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro, et domandarli della ragione delle loro actioni; et quelli per loro humanità mi rispondono; et non sento per 4 hore di tempo alcuna noia, sdimenticho ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte; tucto mi transferisco in loro.”

da Lettera a Francesco Vettori, Firenze, 10 dicembre 1513, in Tutte le opere, a c. di M. Martelli, Firenze, Sansoni, 1971; citato in Classici italiani http://www.classicitaliani.it/machiav/mac64_let_05.htm
Variante: Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch'io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.

“Meglio città guasta che perduta.”

VII

“Dopo il 1494, sendo stati i principi della città cacciati da Firenze, e non vi essendo alcuno governo ordinato, ma più tosto una certa licenza ambiziosa, ed andando le cose publiche di male in peggio; molti popolari, veggendo la rovina della città, e non ne intendendo altra cagione, ne accusavano la ambizione di qualche potente che nutrisse i disordini, per potere fare uno stato a suo proposito, e tôrre loro la libertà; e stavano questi tali per le logge e per le piazze, dicendo male di molti cittadini, minacciandogli che, se mai si trovassino de' Signori, scoprirebbero questo loro inganno, e gli gastigarebbero. Occorreva spesso che di simili ne ascendeva al supremo magistrato; e come egli era salito in quel luogo, e che vedeva le cose più da presso, conosceva i disordini donde nascevano, ed i pericoli che soprastavano, e la difficultà del rimediarvi. E veduto come i tempi, e non gli uomini, causavano il disordine, diventava subito d'un altro animo, e d'un'altra fatta; perché la cognizione delle cose particulari gli toglieva via quello inganno che nel considerarle generalmente si aveva presupposto. Dimodoché, quelli che lo avevano prima, quando era privato, sentito parlare, e vedutolo poi nel supremo magistrato stare quieto, credevono che nascessi, non per più vera cognizione delle cose, ma perché fusse stato aggirato e corrotto dai grandi. Ed accadendo questo a molti uomini, e molte volte, ne nacque tra loro uno proverbio che diceva: Costoro hanno uno animo in piazza, ed uno in palazzo.”

libro I, cap. XLVII
Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio

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