Frasi su clic

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema clic, cliché, essere, vita.

Frasi su clic

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“Solo cliché, attacca il premier | come se quando cadrà il premier vincerà il bene | se non ci fosse di che parlerebbe?”

Marracash (1979) rapper italiano

da Sabbie mobili, n. 9
King del rap

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“Se in virtù di carità o disperazione doveste mai trovarvi a passare del tempo in una struttura statale di recupero da Sostanze come la EH, verrete a sapere molte cose nuove e curiose. Scoprirete che […]. O, per esempio, che le persone dipendenti da una Sostanza che smettono all'improvviso di assumere quella Sostanza soffrono spesso di una forma perversa di acne papulosa che può durare mesi in attesa che gli accumuli di Sostanza abbandonino lentamente il corpo. Lo Staff vi farà sapere che questo accade perché la pelle è effettivamente il più grosso organo escretivo del corpo. […] Che (un sollievo ma allo stesso tempo una delusione) i peni dei neri tendono ad aver misure nel complesso uguali a quelle dei peni bianchi. […] Che si riesce ad avvertire una specie di microsballo anfetaminico se si consumano in rapida successione tre Millennial Fizzy e una confezione di biscotti Oreo a stomaco vuoto. […]Che riguardo alle funzioni sessuali ed escretive le persone di sesso femminile sanno essere volgari quanto quelle di sesso maschile. […] Che un paradosso poco menzionato della dipendenza da una Sostanza è il seguente: una volta che siete così schiavi di una Sostanza da doverla abbandonare per salvarvi la vita, la Sostanza schiavizzante è diventata per voi così profondamente importante che uscirete di senno quando ve la porteranno via. Oppure che a volte, dopo che la vostra Sostanza vi è stata portata via per salvarvi la vita, mentre siete inginocchiati per le preghiere obbligatorie della mattina o della sera, vi troverete a pregare perché vi sia consentito di perdere letteralmente il senno, di avvolgere la vostra mente i un vecchio giornale e lasciarla in un vicolo a cavarsela senza di voi. […] Che oltre il cinquanta per cento delle persone con una dipendenza da Sostanza è contemporaneamente affetto da qualche altra forma di disturbo psichiatrico. […] Che la validità logica di un argomento non ne garantisce la verità. [.. ] Che statisticamente è più facile liberarsi da una dipendenza per le persone con un basso QI che per quelle con un QI più alto. […] Che è possibile abusare fino all'assuefazione di antinfluenzali e antistaminici da banco. Che le attività noiose diventano perversamente molto meno noiose se ci si concentra molto su di esse. […] Che esiste una cosa come la cruda, incontaminata, immotivata gentilezza. Che è possibile addormentarsi di botto durante un attacco d'ansia. […] Che la maggioranza delle persone con una dipendenza da Sostanza è anche dipendente dal pensare, nel senso che ha un rapporto compulsivo e insano con il proprio pensiero. […]Che ci vuole un grande coraggio per dimostrarsi deboli. Che nessun singolo momento individuale è in sé insopportabile. […]Che è possibile fumare così tante sigarette da farsi delle piccole ulcerazioni bianche sulla lingua. Che il cliché "Non so chi sono" sfortunatamente si rivela più di un cliché. Che provare a ballare da sobri è tutto un altro paio di maniche. Che per qualche perversa ragione, è spesso più divertente desiderare qualcosa che averlo. Che è consentito VOLERE. Che tutti sono identici nella segreta tacita convinzione di essere, in fondo, diversi dagli altri. Che questo non è necessariamente perverso.”

David Foster Wallace (1962–2008) scrittore e saggista statunitense

pp. 239-245

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“Bisogna capire cosa c'è dietro i fatti per poterli rappresentare. La fotografia – clic!”

quella la sanno fare tutti. (p. 115)
La fine è il mio inizio

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“Sembra talvolta che ci siano due Tolstoj. Uno, il più conosciuto, è il romanziere celebre […].
L'altro Tolstoj, che pare nascere, già vecchio, dopo il 1880, è il pensatore anarchico e cristiano che mette sotto accusa la società com'è e condanna la ricchezza, il sesso, l'arte come «vizi» del nostro mondo; contrapposto a quello vitalistico, è un Tolstoj etico (non moralista, com'è talvolta detto: Tolstoj non è un moralista, se mai il contrario) e razionalista, uno che a ogni passo si guarda vivere, e vivendo cerca le ragioni della vita. Per questo verifica di continuo, come in una colossale equazione, i dati della coscienza con quelli della realtà. L'esercizio, anche se svolto con forza logica prodigiosa (tanto che Ludwig Wittgenstein considerava Tolstoj uno dei suoi maestri), appare a molti vagamente maniacale e, alla fine, noioso. I biografi tolstoiani simpatizzano di solito col primo Tolstoj, che si presta al cliché facile del genio sregolato e fa più scena, e mettono il secondo, dato che non possono ignorarlo, come dietro un vetro spesso: si vede il gesticolare, ma non si capisce quel che dice, e l'effetto è curioso.
I Diari di Tolstoj (che tiene, con qualche interruzione, per sessantatré anni) fanno giustizia di questa dicotomia. La forza vitale e il pensiero, la vita e la riflessione su di essa, che possono sembrare contrastanti, appaiono qui complementari e inscindibili, fusi, per tutto il corso dell'esistenza tolstoiana, in un unico modo di capire e sentire il mondo. Essi ci mostrano il filo ininterrotto che lega il primo e il secondo Tolstoj […].”

dall'introduzione a Lev Nikolaevič Tolstoj, I diari, Longanesi, Milano, 1980, pp. 9-10

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“[In riferimento alla missione americana in Iraq] In principio erano le armi di distruzione di massa. Per prevenire il terribile attacco di Saddam al resto del mondo, partì la guerra in Iraq. Poi si scoprì che le armi non c'erano, nulla non c'era nulla da prevenire. Allora si disse che bisognava colpire, a Baghdad, il più terribile alleato e foraggiatore e protettore di Al Quaeda. Poi si scoprì che i due nemmeno si conoscevano, anzi si odiavano. Poi si disse che eravamo lì per liberare gli Iracheni da Saddam […] Allora si disse che dovevamo restare lì perché gli Iracheni lo volevano, infatti ci accoglievano come liberatori. Poi si scoprì che ci sparavano addosso. Allora si disse che eravamo lì per esportare la democrazia. Poi si scoprì che, già che c'eravamo, esportavamo anche la tortura (per esempio nel carcere di Abu Ghraib), dalla quale peraltro l'Iraq era da tempo un discreto produttore. Allora Giuliano Ferrara, che è molto intelligente, disse che c'è una bella differenza fra la tortura di Saddam e la nostra: lui i torturati mica li fotografa, noi sì perché siamo democratici. Clic. Volete mettere la differenza? Allora si disse che bisognava restare per riportare la Pace in Iraq, contro una guerra che prima non c'era e che avevamo scatenato noi. Poi si scoprì che la pace faceva più morti della guerra. Allora si disse che bisognava restare per combattere il terrorismo. Poi si scoprì che di terroristi in Iraq, non ce n'erano, almeno prima dello sbarco delle truppe occidentali: ne arrivarono a migliaia da tutto il mondo arabo e ne sorsero molti in loco, dopo il nostro arrivo; insomma, il terrorismo, da quando lo combattiamo, aumenta. Allora si disse che bisognava restare perché altrimenti sarebbe scoppiata la guerra civile fra sciiti e sunniti. Poi, consultando i libri di storia, si scoprì che quella irachena non conosce guerre civili, ma grazie alla nostra presenza sul posto ottenemmo anche questo risultato: scatenare la prima guerra civile della storia dell'Iraq.”

La scomparsa dei fatti

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“Se ora penso agli anni di allora, mi colpisce quanto poco ci fosse in realtà da vedere, quante poche immagini illustrassero la vita e la morte nei Lager. Conoscevamo di Auschwitz il portale con la sua scritta, i pancacci di legno a più piani, i mucchi di capelli, occhiali e valigie; di Birkenau l'entrata con la torre, i corpi laterali e il passaggio per i treni; e da Bergen-Belsen ci venivano le montagne di cadaveri trovate e fotografate dagli alleati al momento della liberazione. Conoscevamo alcune testimonianze di detenuti, ma molti libri apparvero subito dopo la guerra e vennero ristampati solo negli anni Ottanta, visto che nel frattempo non rientrarono nei programmi delle case editrici. Ora ci sono così tanti libri e film che il mondo dei Lager è ormai parte dell'immaginario collettivo che completa il mondo reale. La fantasia lo conosce ormai bene, e a partire dalla serie televisiva Olocausto e da film come La scelta di Sophie e soprattutto Schindler's list si muove anche in quel mondo. E non ne prende solo atto, ma integra e abbellisce. Allora la fantasia stentava a muoversi; riteneva che allo sgomento di cui era debitrice al mondo dei Lager non si confacessero le movenze della fantasia. Quelle poche immagini che doveva alle foto degli alleati e alle testimonianze dei detenuti, le ha poi guardate riguardate, fino a farne dei cliché.”

The Reader

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“Quando suonavo con Dizzy non ero cosciente dei miei mezzi. Suonavo secondo dei cliché e cercavo di imparare i pezzi più famosi, così potevo suonare insieme ad altri musicisti.”

John Coltrane (1926–1967) sassofonista e compositore statunitense

Origine: Da Trane On The Track, intervista di Ira Gitler, 16 ottobre 1958; ripubblicata su Down Beat, luglio 1999. [Manca la citazione in lingua originale]

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